Articoli

il pianista e la paura del pubblico_nicolò de maria

Il pianista e la paura del pubblico

Come prepararsi alla performance e prevenire i vuoti di memoria

Il libro Il pianista e la paura del pubblicoè una raccolta e un approfondimento degli articoli più letti dagli utenti. Se vuoi approfondire questo articolo e gli argomenti principali di questo sito, quali l’ansia da palcoscenico, la paura di suonare in pubblico, le tecniche di memorizzazione musicale, la sicurezza in se stessi e la solidità tecnica clicca qui sotto.

ARTICOLI CORRELATI

Come studiare al pianoforte i passaggi difficili? Casella, Chang, Gardi, Come studiare al pianoforte i passaggi difficili con le cadute, Rilassamento muscolare? Tre consigli pratici del didatta russo NeuhausAnsia pre-esame? La memoria ti spaventa? Cosa fare prima di suonare in pubblicoAnsia da vuoto di memoria? 5 consigli pratici su come affrontarlaIL PIANISTA E LA PAURA DEL PUBBLICOTalento o ostinazione. Come raggiungere i propri obiettivi?Come studiare di più al pianoforteCome rimanere concentrati?Come essere felici (per musicisti e non)Come superare i propri limiti (per musicisti e non)Cambiare pensieri negativi in positiviPaura del giudizio degli altri?Rimanere concentrati sul palco o ad un esame.

Della caduta libera al pianoforte abbiamo sentito parlare molte volte. E’ un argomento che è stato discusso e ridiscusso. Ma è veramente chiaro a cosa serve, come e quando si utilizza? 

Dico questo perchè sono molte le opinioni in merito e a volte sembrano anche essere discordanti. Ciò fa immaginare che forse non esiste un parere univoco, uguale per tutti.

Dalla teoria alla pratica

Cerchiamo intanto di capire cos’è e perchè esiste, qual’è il principio che sta alla base del suo utilizzo.

I primi tecnologi che presero in esame le diverse possibilità di usare il braccio nel gioco pianistico osservarono che la forza muscolare impiegata per abbassare i tasti poteva essere sostituita dal peso delle diverse leve del braccio che, lasciate cadere, avrebbero potuto sfruttare la forza gravitazionale rendendo inutile l’intervento della forza muscolare e realizzare così un consistente risparmio energetico.

Quindi il principio fondamentale è quello di lasciare che il braccio cada sui tasti (e quindi produca un suono) grazie all’effetto della forza di gravità e non attraverso l’energia muscolare delle dita, risparmiando così molte energie.

Ma è veramente così semplice? E’ tutto qui? Per niente!

Possiamo utilizzarla in qualunque momento e per qualunque tipo di passaggio? Assolutamente no!

Alcune considerazioni: Neuhaus, Sandor e Chang

Vi cito alcune considerazioni tratte da alcuni testi degli autori sopra citati così da avere un’idea di alcune delle diverse opinioni sulla caduta libera al pianoforte.

H. Neuhaus: 

 “E’ utile ricordarsi che quanto maggiore è la distanza H (H sta per altezza) tra la mano e la tastiera, tanto minore è la necessità di pressione sul tasto; essa è, in effetti, ridotta a zero.

Al contrario, riducendo H al minimo… è necessario appoggiarsi più vigorosamente sul tasto.”

Neuhaus parla solo dell’altezza dalla tastiera, intesa come fattore che unicamente influenza la relativa forza muscolare da aggiungere o meno alla caduta gravitazionale.

Parlerò dopo di un altro fattore molto importante che riguarda le leve e le sezioni delle leve degli arti superiori (braccio, avambraccio, mano, dita, falangi).

G. Sandor:

“La forza di gravità agisce secondo le proprie leggi, e se non le si dà il tempo e lo spazio necessario per produrre una data accelerazione, la caduta libera potrà anche non fornire la velocità che ci occorre […] Pertanto la caduta libera può essere usata soltanto in passaggi non troppo veloci.

Ad esempio, la mano sinistra nello studio Op. 10 n. 1 di Chopin […] sono momenti ideali per l’applicazione della caduta libera.”

Viene quasi da ridere se pensiamo che, nel caso dello studio sopra citato, la caduta libera (che tanto dovrebbe aiutare il pianista a risparmiare una mole maggiore possibile di energia muscolare) proprio nei passaggi  più difficili,  venga utilizzata solo per la mano sinistra.

Senza dubbio è vantaggioso suonare le ottave alla mano sinistra con la caduta, ma il suo campo d’azione è veramente così ristretto?

Mi viene in mente uno studio esemplare nel quale la caduta può veramente essere d’aiuto al pianista. Si tratta dello studio di Chopin op. 25 n. 12, dove l’interpretare deve suonare f la prima nota di ogni battuta.

Scenderò nel dettaglio dei vantaggi della caduta libera tra un attimo, tuttavia, dando una sbirciata allo studio è subito evidente in che modo viene sfruttata la forza gravitazionale a favore di un grosso risparmio di energia muscolare.

Chuan C. Chang:

La caduta di un peso avviene in costante accelerazione e la mano sta accelerando, anche durante l’abbassarsi del tasto. Alla fine, la mano rimane sui tasti con il proprio peso – quest’azione è ciò che produce un piacevole, profondo, timbro.

Notate che [per quanto riguarda] l’abbassamento del tasto è importante che ciò avvenga in progressiva accelerazione”.

Chang sembra sostenere che la qualità timbrica della libera caduta è prodotta dal movimento in accelerazione impresso al tasto.

Quindi, durante la caduta, si faccia attenzione a continuare ad accelerare così da ottenere un bel suono.(Non capisco, a me sembra che l’effetto finale sia opposto).

Se io penso ad accelerare questo produrrà forse un movimento innaturale? Dovrei spingere più del dovuto?

Quando cadi, cadi liberamente. Nè si trattiene e nemmeno si spinge per accelerare!

G. Sandor invece ritiene che la qualità del suono prodotto con la libera caduta è determinata dall’azione delle…

“…articolazioni delle dita, del polso, della mano le quali devono essere sciolte, rispondenti, elastiche. Devono fungere da ammortizzatori durante la discesa delle dita sulla tastiera onde eliminare la bruschezza dell’impatto, […].

Se tutte le articolazioni… sono elastiche, la qualità del suono avrà quella cantabilità che desideriamo”.

Come vediamo, sono tante le considerazioni in merito a come si debba effettuare e a cosa serva la caduta libera al pianoforte.

Conclusioni

Questa è la parte più difficile di questo argomento, perchè ogni pianista deve tirare le somme.

Leggere, ascoltare, prendere in considerazione le opinioni dei grandi didatti è senza dubbio utlie, ma poi, nell’intimità della propria stanzetta, siamo noi che dobbiamo trovare la strada maestra che ci permette di risparmiare energie preziose grazie alla forza di gravità.

Abbiamo letto solo alcune delle opinioni in merito, ma dobbiamo comunque prendere una decisione: la caduta libera serve a qualcosa? Come si effettua? Che suono produce?

Tenendo presente che ogni pianista sviluppa un proprio modo di utilizzare la caduta, io, sulla base della mia esperienza, vi condivido cosa penso.

La mia opinione

Credo che, in generale, i fattori che più contano nell’utilizzo della caduta libera siano due: l’altezza e la leva utilizzata.

Per altezza sappiamo già cosa intendiamo (ce ne ha parlato Neuhaus): più alziamo la mano dalla tastiera più la caduta prenderà velocità; la velocità finale di attacco del tasto sarà maggiore e il suono prodotto sarà più forte e violento. 

Quindi variando l’altezza della mano dalla tastiera, varierà anche il suono che emetteremo al pianoforte.

Invece più cadiamo dal basso più il suono sarà dolce e piano.

E se voglio produrre un suono forte e dolce? Credo che sia difficilissimo produrre un suono dolce e forte cadendo dall’alto senza irrigidire il braccio (l’irrigidimento potrebbe essere causato dalla volontà del pianista a fine corsa di rallentare la caduta e ammortizzare il colpo).

Come fare allora?

Ci viene in aiuto la leva che decidiamo di utilizzare. Per leva si intende la porzione di braccio che utilizziamo. Se ne parla molto poco, tuttavia, possiamo effettuare una caduta libera sul pianoforte in diversi modi:

  • con tutto il braccio utilizzando l’articolazione della spalla;
  • con l’avambraccio utilizzando l’articolazione del gomito;
  • con la sola mano utilizzando l’articolazione del polso. 

Detto questo, è subito chiaro che la forza della caduta è soggetta al peso dell’oggetto che cade. Quindi più è pesante l’oggetto maggiore sarà l’accelerazione e la velocità finale.

Nel caso del pianista: la caduta di mano provoca un attacco molto più dolce rispetto alla caduta dell’intero braccio che vanta un peso nettamente maggiore, poichè la mano essendo più leggera del braccio raggiungerebbe un’accelerazione inferiore.

Quindi, per concludere, possiamo decidere che suono produrre grazie alla combinazione di questi due fattori (ce ne sarebbero altri in effetti, ma questi a mio parere sono quelli principali).

Variando altezza e leva utilizzata possiamo produrre suoni piano e dolci, forti e dolci, forti e “accentati”.

Altri vantaggi della caduta libera al pianoforte?

Oltre a quelli sopra citati, la caduta libera è utile per altri due motivi molto pratici:

Primo motivo:

(Desiderate lavorare sul rilassamento muscolare? Volete fare attenzione al rilassamento totale del proprio corpo durante un’esecuzione? Per approfondire questo argomento vi consiglio di leggere l’articolo Rilassamento muscolare? Tre consigli pratici del didatta russo H. Neuhaus ).

La caduta è utilissima sia a risvegliare l’arto al mattino sia a rilassarlo.

La caduta esige un rilassamento totale dell’arto, altrimenti non potrebbe definirsi “libera”.

Quindi, il mio consiglio è di studiare i passaggi tecnici anche con le cadute e permettere che il braccio si rilassi del tutto.

  • Nel caso dello studio op. 25 n. 12, citato in alto (ma anche dell’op. 10 n. 1), la caduta, in fase di studio lento, può essere applicata a tutte le note degli arpeggi.

 

  • Succederà poi che, accelerando, l’altezza della mano dai tasti si abbasserà gradualmente fino a non permetterle più di effettuare le cadute.

 

  • All’aumentare della velocità le cadute scompariranno naturalmente e le dita articoleranno sempre di più.

 

  • Infine potrete effettuare le cadute solo sulla prima nota dell’arpeggio.

 

  • Le altre note andranno eseguite legate solo con le dita.

 

Secondo motivo:

Un’altra ragione per la quale consiglio di studiare con le cadute è che quest’ultime rinforzano le dita. 

Infatti cadendo sui tasti le dita dovranno sostenere il peso dell’arto o della porzione di esso che cade. Per sostenere questo peso il dito sarà costretto a resistere alla caduta al fine di non essere schiacciato, compiendo un’azione opposta.

Questo esercizio equivale a suonare i tasti con un’articolazione velocissima e potentissima, come se il dito avesse la forza del braccio o dell’avambraccio.

Il risultato “garantito” è che le dita si rinforzano in pochissimo tempo. 

Come detto poco fa, consiglio di studiare interamente i passaggi difficili con le cadute. Anche se in esecuzione non suonerete con le cadute, studiate con le cadute!

Quindi, nella pratica, studiate molto lentamente il passaggio tecnico cadendo su tutte le note del passo ad altezza media (nè troppo vicini ai tasti, nè troppo lontani) con tutte le leve: prima con la caduta di braccio (rilasserà la spalla), poi con caduta di avambracccio (rilasserà il gomito), poi con caduta di mano (rilasserà il polso). Infine accelerate gradualmente e le piccole cadutine si trasformeranno in articolazione di dito, sempre più veloce e sempre più legato.

Il risultato? Dita molto più forti e mano preparata e stabile!

Ogni volta che il braccio cade con tutto il suo peso sulla tastiera, è il singolo dito a dover reggerne il peso con un conseguente sforzo muscolare (del singolo dito, ovviamente).

Il dito si rinforzerà in pochissimo tempo!

Provate e fatemi sapere! Ci vorrà del tempo, ma i risultati sono garantiti.

Nicolò De Maria

Bibliografia:

Gardi, N. (2008). Il biano e il nero. Varese: Zecchini Editore.

Neuhaus, H. (1992). L’arte del pianoforte. Milano: Rusconi.

Sandor, G. (1984). Come si suona il pianoforte. Milano: Rizzoli Editore.

Chang, C. C. (2004). Foundamentals of piano practice. New York: Colts Neck.

Spero che questo articolo vi sia tornato utile. E’ il frutto dei miei modesti studi e di alcune letture personali. Non è richiesto di essere d’accordo con l’intero contenuto dell’articolo. Bensì, si accettano critiche e commenti costruttivi.

ARTICOLI CORRELATI

Come studiare al pianoforte i passaggi difficili? Casella, Chang, Gardi, Come studiare al pianoforte i passaggi difficili con le cadute, Rilassamento muscolare? Tre consigli pratici del didatta russo NeuhausAnsia pre-esame? La memoria ti spaventa? Cosa fare prima di suonare in pubblicoAnsia da vuoto di memoria? 5 consigli pratici su come affrontarlaIL PIANISTA E LA PAURA DEL PUBBLICOTalento o ostinazione. Come raggiungere i propri obiettivi?Come studiare di più al pianoforteCome rimanere concentrati?Come essere felici (per musicisti e non)Come superare i propri limiti (per musicisti e non)Cambiare pensieri negativi in positiviPaura del giudizio degli altri?Rimanere concentrati sul palco o ad un esame.

il pianista e la paura del pubblico_nicolò de maria

Il pianista e la paura del pubblico

Come prepararsi alla performance e prevenire i vuoti di memoria

Il libro Il pianista e la paura del pubblicoè una raccolta e un approfondimento degli articoli più letti dagli utenti. Se vuoi approfondire questo articolo e gli argomenti principali di questo sito, quali l’ansia da palcoscenico, la paura di suonare in pubblico, le tecniche di memorizzazione musicale, la sicurezza in se stessi e la solidità tecnica clicca qui sotto.

ARTICOLI CORRELATI

Come studiare al pianoforte i passaggi difficili? Casella, Chang, Gardi, Come studiare al pianoforte i passaggi difficili con le cadute, Tre ore di studio al giorno sono sufficienti? L’opinione di Chopin, Liszt, Hummel e Neuhaus, Talento o ostinazione. Come raggiungere i propri obiettivi?Come studiare di più al pianoforteCome rimanere concentrati?, Suonare a memoria. Tipi di memoria musicale e tecniche di memorizzazione, Ansia pre-esame? La memoria ti spaventa? Cosa fare prima di suonare in pubblicoAnsia da vuoto di memoria? 5 consigli pratici su come affrontarlaIL PIANISTA E LA PAURA DEL PUBBLICO,  Come essere felici (per musicisti e non)Come superare i propri limiti (per musicisti e non)Cambiare pensieri negativi in positiviPaura del giudizio degli altri?Rimanere concentrati sul palco o ad un esame.

Chopin consigliava ai suoi allievi di effettuare alcuni esercizi tecnici al pianoforte. Andiamo a vedere, però, di cosa si tratta. Se sono veramente utili, oppure no. Se possiamo trarne un vantaggio pratico di immediata applicazione.

Ammetto di essere rimasto sorpreso dalla lettura di un appunto di Frederic Chopin in merito allo studio tecnico al pianoforte e credo che stupirà anche voi.

Ritengo, infatti, che i consigli che sto per riportarvi possano tornare utili a noi pianisti.

 

Qual è la fonte dei suddetti appunti?

Questi appunti sono compresi in una piccola raccolta di dodici fogli autografi e separati che sarebbe dovuta diventare la parte iniziale di un metodo pianistico progettato da Chopin.

La comprensione e la traduzione di questi appunti è sempre stata molto ardua a causa dell’impaginazione disorganica, dell’aggiunta di correzioni, pentimenti e scarabocchi.

Alla morte del compositore, questo documento è stato posseduto, tra i tanti, dalla sorella maggiore di Chopin, poi dalla principessa M. Czartoryska, dalla pianista Natalia Janotha e da Alfred Cortot. Infine, fu depositato alla Pierpont Morgan Library di New York.

Il musicologo svizzero Jean-Jacques Eigeldinger nel 2001 pubblicò una trascrizione integrale dell’autografo, accompagnata da qualche pagina inedita e staccata, inserendola nel libro “Frederic Chopin, Esquisses pour une méthod de piano”.

Ho voluto aprire questa piccola parentesi per conferire attendibilità a quanto citerò a breve.

 

Quali erano gli esercizi tecnici che consigliava Chopin?

Andiamo allora al cuore di questo articolo vedendo cosa concretamente Chopin ha scritto in questi appunti. Il compositore polacco ha diviso lo studio tecnico in tre parti:

 

  1. Insegnare a entrambe le mani a suonare le note a distanza di un tasto (quelle a distanza di un semitono e di un tono), vale a dire le scale (cromatiche e diatoniche) e i trilli. […] Tutto ciò che si potrà inventare per suonare a distanza di semitono e di tono sarà necessariamente una combinazione o un frammento di scale o trilli.

  2. Le note a distanza maggiore del semitono e del tono, ovvero da un tono e mezzo in poi: l’ottava divisa in terze minori, dove ogni dito occupa necessariamente un tasto, e l’accordo perfetto nei suoi rivolti.

Ossia, al punto due, ci consiglia di esercitarci prima con intervalli superiori al tono e poi per mezzo dell’arpeggio di settima diminuita con il quale Chopin faceva iniziare lo studio degli arpeggi. La posizione di base do-mib-solb-la-do propone i tasti neri per le dita lunghe e favorisce un’estensione in scioltezza grazie alla distanza regolare degli intervalli.

Ovviamente, ad un stadio avanzato, Chopin faceva studiare anche tutti gli altri tipi di arpeggi, indispensabili per l’esecuzione dei suoi studi op. 10 n. 1 e op. 25 n. 12.

  1. Le doppie note (a due parti): terze, seste, ottave. (Quando si sanno le terze, seste e ottave, si sa suonare anche a tre parti – di conseguenza si conoscono gli accordi, che si sapranno spezzare, sapendone le note). Le due mani assieme suoneranno a quattro, cinque o sei parti, e non c’è altro da inventare per quanto riguarda la tecnica del pianoforte.

E’ incredibile come uno dei pilastri del periodo romantico semplifichi in modo così sintetico (e banale?) tutta la tecnica pianistica.

Cosa ci saremmo aspettati da un compositore dal tale successo? Quali segreti credevamo potesse lasciarci in eredità?

Invece nulla di tutto ciò. Semplicissima tecnica pura.

Lascio a voi le considerazioni finali. Questi esercizi possono essere utili? Non utili? Possiamo trarne spunto?

Ho voluto condividere con voi questi appunti per il semplice fatto che leggendone il contenuto mi hanno colpito, principalmente per la disarmante semplicità. 

 

Nicolò De Maria

 

Bibliografia:

Chopin, F. (2001). Esquisses pour une méthod de piano. (J.-J. Eigeldinger, A cura di) Paris: Flammarion.

Eigeldinger, J.-J. (2010). Chopin, visto dai suoi allievi. Roma: Astrolabio.

 

Spero che questo articolo vi sia tornato utile. E’ il frutto dei miei modesti studi e di alcune letture personali. Non è richiesto di essere d’accordo con l’intero contenuto dell’articolo. Bensì, si accettano critiche e commenti costruttivi.

ARTICOLI CORRELATI

Come studiare al pianoforte i passaggi difficili? Casella, Chang, Gardi, Come studiare al pianoforte i passaggi difficili con le cadute, Tre ore di studio al giorno sono sufficienti? L’opinione di Chopin, Liszt, Hummel e Neuhaus, Talento o ostinazione. Come raggiungere i propri obiettivi?Come studiare di più al pianoforteCome rimanere concentrati?, Suonare a memoria. Tipi di memoria musicale e tecniche di memorizzazione, Ansia pre-esame? La memoria ti spaventa? Cosa fare prima di suonare in pubblicoAnsia da vuoto di memoria? 5 consigli pratici su come affrontarlaIL PIANISTA E LA PAURA DEL PUBBLICO,  Come essere felici (per musicisti e non)Come superare i propri limiti (per musicisti e non)Cambiare pensieri negativi in positiviPaura del giudizio degli altri?Rimanere concentrati sul palco o ad un esame.