TEORIA MUSICALE: guida per iniziare
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TEORIA MUSICALE: note, pentagramma, chiavi e alterazioni, TEORIA MUSICALE: valori e durata delle note, TEORIA MUSICALE: battute, ritmo, tempi semplici e composti, TEORIA MUSICALE: segni di prolungamento e di espressione, TEORIA MUSICALE: tonalità, scale e accordi.
Cari lettori, benvenuti in questa guida dedicata ai concetti fondamentali della teoria musicale.
Iniziando dalle basi, cercherò di essere d’aiuto a coloro i quali si trovano nella fase iniziale dello studio del pianoforte.
Questa guida vuole essere per l’allievo un aiuto e un promemoria per approcciarsi alle nozioni di base in una fase iniziale dello studio dello strumento e, quindi non può sostituire l’approccio diretto con il proprio maestro che ve ne mostrerà un’applicazione pratica.
Buona lettura.
1. Note, pentagramma, chiavi e alterazioni
La musica e il suono
La musica è l’arte che permette all’uomo di esprimersi per mezzo dei suoni, i quali, in ambito artistico, sono prodotti dall’autentica ed interiore emozione del musicista.
Il suono è una sensazione che raggiunge il nostro udito, è prodotto dalle vibrazioni di un corpo elastico e si trasmette per mezzo dell’aria.
Il suono si contraddistingue grazie a tre caratteristiche: il timbro, l’intensità e l’altezza.
Il timbro di un suono permette di distinguere la fonte sonora dalla quale è prodotto. Grazie al timbro l’ascoltatore può riconoscere se il suono è prodotto, ad esempio, da un pianoforte, un violino o da una voce umana.
L’intensità è la caratteristica che per mette all’ascoltatore di riconoscere se un suono è forte o debole ed è determinata dall’ampiezza della vibrazione del corpo elastico.
L’altezza, infine, è la particolare peculiarità del suono che determina quanto un suono è acuto o grave ed è determinata dal numero delle vibrazioni del corpo elastico.
Le note e il pentagramma
Le note sono sette: DO – RE – MI – FA – SOL – LA – SI.
Per riconoscere le note sulla tastiera del pianoforte ci dobbiamo servire dell’organizzazione dei tasti neri rispetto ai tasti bianchi. Infatti, i tasti neri sono organizzati a gruppi di due e a gruppi di tre.
La nota Do corrisponde al tasto bianco posto alla sinistra di ciascun gruppo di due tasti neri.
Al Do, in successione proseguendo verso destra seguono le note Re, Mi, Fa, Sol, La, Si e di nuovo il Do.
La nota Fa è facilmente riconoscibile: è posta alla sinistra di ciascun gruppo di tre tasti neri.
Le note, insieme a tutti i segni che costituiscono il linguaggio musicale, vengono scritte all’interno di un particolare rigo chiamato rigo musicale o pentagramma.
Il pentagramma è costituito da cinque linee parallele orizzontali e da quattro spazi tra di esse, come rappresentato nell’immagine di sotto.
Le chiavi
La diversa posizione delle note sulle linee e sugli spazi del pentagramma corrisponde ad un determinato suono.
Ma per stabilire in modo esatto il nome e l’altezza della nota si è ricorsi ad un particolare segno chiamato chiave musicale.
Le chiavi sono in totale sette. Quelle più usate dai pianisti sono la chiave di violino (o di Sol) e la chiave di basso (o di Fa).
La chiave di violino stabilisce che la nota posta sulla seconda linea (le linee si contano dal basso verso l’alto) è un Sol. Tale Sol è esattamente quello posto nell’ottava centrale del pianoforte.
La chiave di basso, invece, stabilisce che la nota posta sulla quarta linea è un Fa. Tale Fa è quello posto alla sinistra del Do centrale della tastiera.
Le alterazioni
In musica non esistono solo sette note, bensì dodici. Oltre alle sette sopra citate, ve ne sono cinque che sulla tastiera del pianoforte vengono riprodotte per mezzo dei tasti neri.
L’altezza di un suono, infatti, può essere modificata (alterata) in senso ascendente o in senso discendente per mezzo delle alterazioni.
Le alterazioni musicali sono cinque:
Il Fa diesis in figura corrisponde al tasto nero posizionato tra il Fa e il Sol.
Il La bemolle in figura corrisponde al tasto nero posizionato tra il La e il Si.
Il La bequadro in figura rappresenta il La naturale (tasto bianco).
Il Re doppio diesis e il Re doppio bemolle rappresentano rispettivamente il Mi e il Do naturali (attenzione: il loro nome esatto per motivi di nomenclatura resta quello scritto in pentagramma e non lo si può sostituire col rispettivo tasto fisico).
Sono definite alterazioni transitorie quelle scritte in mezzo al brano e hanno validità fino alla stanghetta di battuta successiva; sono definite alterazioni in chiave quelle scritte all’inizio di ogni rigo musicale e hanno validità per tutto il brano e per tutti i suoni con lo stesso nome, indipendente dall’ottava.
2. Valore e durata delle note
Durata delle note
La posizione delle note tra le linee e gli spazi del pentagramma determina l’altezza dei suoni, ma quest’ultimi possono avere anche diversa durata nel tempo.
La durata di ogni singola nota viene rappresentata per mezzo di segni grafici differenti:
Ecco illustrato di sotto il rapporto tra i valori di durata delle note.
Quello appena esposto è solo un accenno e un’introduzione ai concetti riguardanti la durata delle note e il rapporto tra di essi. E’ una base teorica necessario per poter comprendere l’organizzazione delle note nel tempo. Compresa la sintesi grafica esposta, sarà il vostro insostituibile maestro a mostrarvi l’applicazione pratica di quanto illustrato.
Le pause musicali
Segni di movimento
Ma qual è la durata effettiva di ogni nota? Cioè, quanto realmente, in termini di tempo, deve durare? Per rispondere a questa domanda è necessario parlare dei segni di movimento, i quali vengono posti all’inizio di una composizione e servono ad indicare all’esecutore la velocità o l’andamento con cui eseguirla.
Le indicazioni di movimento usate più comunemente sono le seguenti:
Tali indicazioni servono a dare all’esecutore un’idea dell’andamento del brano e, in molti casi, esse possono essere accompagnate da aggettivi esplicativi, ad esempio: Andante calmo, Vivace molto, Allegro assai, Andantino grazioso. Oppure ancora: sostenuto, agitato, gioioso, maestoso, ed altri sulla base delle necessità del compositore.
Per avere un’indicazione precisa e oggettiva della velocità di esecuzione di un brano è necessario utilizzare uno strumento apposito chiamato metronomo.
Il metronomo riproduce un segnale acustico regolare al tempo impostato. In genere il tempo del metronomo varia da 40 a 250 (dipende dalla tipologia di metronomo: meccanico o digitale). L’indicazione numerica da impostare corrisponde esattamente al numero di battiti in un minuto (ad esempio, se il metronomo viene impostato a 60 batterà esattamente allo stesso tempo della lancetta dei secondi di un orologio).
L’indicazione metronomica viene accompagnata dal valore di durata al quale si riferisce, così da indicare all’esecutore la velocità esatta di esecuzione.
Ad esempio:
3. Battute, ritmo, tempi semplici e composti
Battute e movimenti
Negli spartiti musicali il pentagramma, subito dopo la chiave, presenta una frazione ed è suddiviso da linee verticali.
Suddette linee verticali in musica sono chiamate stanghette e hanno il compito di suddividere il pentagramma in battute.
Le stanghette dividono il pentagramma in battute che contengono note il cui valore complessivo corrisponde sempre (in ogni singola battuta) a quello indicato dalla frazione posta all’inizio del brano musicale.
Ad esempio, se all’inizio del brano è scritta la frazione 4/4 significa che all’interno di ogni battuta potranno esserci note della durata complessiva di quattro note o pause da un quarto l’una (4/4), come raffigurato in figura.
Come raffigurato di sopra, per determinare la fine di un brano si utilizza una doppia stanghetta di cui la seconda è più spessa.
Il tempo
Con il termine tempo in musica si intende sia il valore di durata complessivo delle note contenute in ogni singola battuta sia l’organizzazione ritmica delle note.
L’indicazione del tempo viene scritta subito dopo la chiave musicale.
Il numero superiore (numeratore) indica la quantità dei movimenti racchiusi in una battuta; il numero inferiore (denominatore) indica la durata di ogni movimento racchiuso nella battuta (ciò nei tempi semplici, vedremo poi come leggere le frazioni che indicano i tempi composti).
Il tempo 2/4 indica che nelle battute sono racchiuse note del valore complessivo di due note da un quarto.
Il tempo 4/4 indica che nelle battute sono racchiuse note del valore complessivo di quattro note da un quarto.
Il tempo 6/8 indica che nelle battute sono racchiuse note del valore complessivo di sei note da un ottavo.
Il tempo 12/8 indica che nelle battute sono racchiuse note del valore complessivo di dodici note da un ottavo.
Il ritmo: tempi semplici e tempi composti
Con il termine ritmo si intende la regolare successione e alternanza di accenti forti e deboli. Tali accenti costituiscono il ritmo di una composizione e vengono chiamati accenti ritmici.
Il ritmo può essere binario o ternario.
Il ritmo è binario quando viene suddiviso in due accenti: il primo forte e il secondo debole.
Il ritmo è ternario quando viene suddiviso in tre accenti: il primo forte e il secondo e terzo debole.
Le misure a quattro tempi possono essere intese come un doppio ritmo binario: il primo accento è forte, il secondo debole, il terzo mezzo forte e il quarto debole.
Ecco in figura un esempio di quanto appena enunciato:
Nella figura di sopra sono mostrati i tempi con le loro suddivisioni. Infatti ogni tempo (o movimento) della battuta può essere ulteriormente diviso, o meglio suddiviso, in due parti.
Ecco che, ad esempio, ogni quarto del tempo 3/4 può essere ulteriormente suddiviso in tre coppie da due ottavi l’una come mostrato nella figura di sopra.
Ciò avviene nei tempi chiamati semplici.
Nei tempi composti, invece, i singoli movimenti della battuta vengono suddivisi in tre suddivisioni interne, come mostrato nella figura di sotto.
Quindi i tempi semplici hanno una suddivisione interna dei movimenti binaria; i tempi composti hanno una suddivisione interna dei movimenti ternaria.
Attenzione: la frazione che indica i tempi composti ha per numeratore il numero delle suddivisioni della misura e per denominatore il valore di ogni singola suddivisione.
(Ad esempio, il tempo 6/8 definisce che la battuta conterrà 6 suddivisioni da un ottavo l’una, quindi i movimenti saranno due suddivisi ognuno in tre ottavi).
4. Segni di prolungamento e di espressione
Segni di prolungamento
Per segni di prolungamento si intendono quei segni che hanno il compito di prolungare il valore di durata di una nota.
Questi segni sono: il punto di valore, la legatura di valore e il punto coronato.
Il punto di valore è un punto che viene scritto alla destra della nota e ha la proprietà di prolungarla esattamente della metà del suo valore.
Ad esempio, se incontriamo un punto di valore accanto ad una nota dal valore di 2/4, il punto aggiungerà alla nota stessa il valore di 1/4 (cioè la metà di 2/4). Il valore totale della nota sarà di 3/4.
Avviene allo stesso modo per note dal valore più lungo e note dal valore più breve, come raffigurato in figura.
La legatura di valore è una linea curva che collega due o più note dello stesso nome e della stessa altezza unendole in un unico valore. Viene suonata solo la prima nota legata, le successive vengono tenute senza essere risuonate.
Il punto coronato (o semplicemente corona) viene rappresentato con il simbolo mostrato qui sotto e, posto su una nota, lascia all’esecutore la possibilità di allungarne a piacere il valore.
Segni di espressione
Nella scrittura musicale i segni di espressione sono molti.
I più utilizzati sono la legatura di frase, la legatura a due, il punto dello staccato e i segni di dinamica.
La legatura di frase consiste in una linea curva che unisce tre o più note e identifica una frase musicale le cui note vanno suonate con espressione e legate.
La legatura a due è una linea curva che unisce due note di diversa altezza. La prima nota deve essere suonata leggermente forte (appoggiata) e la seconda nota piano.
Il punto dello staccato è un puntino che viene posto o sopra o sotto alla nota interessata e serve a dimezzarne il valore. Attenzione: non confondere con il punto di valore che viene scritto sempre alla destra della nota interessata.
I segni di dinamica consistono in indicazioni scritte all’interno della partitura ed hanno lo scopo di determinare l’intensità dell’esecuzione dal punto in cui vengono scritte fino al punto in cui ne viene indicata un’altra differente.
Sono di primaria importanza nell’esecuzione musicale poiché senza di esse risulterebbe piatta e priva di ogni espressione.
5. Tonalità, scale e accordi
Per tonalità si intende un insieme di suoni che fanno parte di un comune “centro gravitazionale” e di una gerarchia percepita di relazioni, tensioni e risoluzioni sonore.
E’ il compositore che prima di comporre un brano musicale decide la tonalità.
La tonalità prende il nome dalla tonica che è la prima nota sulla quale si formano la scala e gli accordi. Ad esempio, i suoni che fanno parte della scala di Do maggiore sono gli stessi che costituiscono la tonalità di Do maggiore, e così per ogni altra scala. Il Do, essendo la prima nota della scala, è la tonica, e dà il nome alla scala oltre che alla tonalità.
Esistono tonalità con i diesis in chiave e tonalità con i bemolle, anche questo dipende dalla tonica che può essere, ad esempio, Fa diesis oppure La bemolle.
Per scala musicale, invece, si intende la successione di otto suoni che procedono per gradi congiunti. I suoni della scala vengono chiamati gradi (ad esempio nella scala di Do: Do è iI I grado, Re il II grado, Mi il III grado, e così via fino all’VIII grado, cioè il Do dell’ottava superiore).
La tonalità può essere di modo maggiore o di modo minore. Ciò dipende dalla disposizione degli intervalli tra le singole note (o gradi) della scala stessa.
Anche le scale, strettamente connesse alla tonalità di appartenenza, possono essere maggiori o minori. La differenza tra esse sta nella diversa posizione dei toni e dei semitoni nella successione dei gradi della scala.
Il semitono è la distanza più piccola che esiste fra un suono ed un altro. Ad esempio, distano di un semitono le note Do-Re bemolle, oppure le note Mi-Fa, oppure le note Sol-La bemolle. Il tono è la distanza pari a due semitoni. Distano di un tono le note Do-Re, Mi-Fa diesis, Sol-La.
Ogni tonalità maggiore e ogni scala maggiore ha una relativa tonalità o scala minore ed entrambe condividono le alterazioni in chiave.
La scala minore inizia con una tonica che parte dal sesto grado della scala maggiore. Ad esempio la relativa minore della scala di Do maggiore è la scala di La minore (il La è il sesto grado della scala di Do). Le scale di Do maggiore e di La minore condividono i suoni e le alterazioni.
Vedrete nello schema di seguito che un impianto tonale (cioè i diesis o i bemolle in chiave) formeranno due scale: una maggiore e la relativa minore.
Per accordo (o triade) si intende l’esecuzione simultanea di tre suoni o più, aventi un’altezza definita. Prendono il nome dalla nota della scala sulla quale si formano. In base alla distanza tra i suoni possono formarsi accordi di diversi tipi: i principali sono gli accordi maggiori e gli accordi minori, come mostrato nello schema che vedrete di seguito.
Per ogni accordo vedrete tre diverse risoluzioni, la prima allo stato fondamentale, la seconda sul primo rivolto e la terza sul secondo rivolto.
(I dettagli su questo vastissimo argomento, come la costituzione delle scale maggiori e minori o la formazione tecnica di ogni accordo, vi auguro di poterli imparare a dovere con il vostro maestro di pianoforte, di solfeggio o di armonia.)
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