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Come studiare al pianoforte i passaggi difficili? Casella, Chang, Gardi

il pianista e la paura del pubblico_nicolò de maria

Il pianista e la paura del pubblico

Come prepararsi alla performance e prevenire i vuoti di memoria

Il libro Il pianista e la paura del pubblicoè una raccolta e un approfondimento degli articoli più letti dagli utenti. Se vuoi approfondire questo articolo e gli argomenti principali di questo sito, quali l’ansia da palcoscenico, la paura di suonare in pubblico, le tecniche di memorizzazione musicale, la sicurezza in se stessi e la solidità tecnica clicca qui sotto.

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In questo articolerò vi parlerò di una tecnica specifica che vi aiuterà senza alcun dubbio a studiare al pianoforte i passaggi più difficili.

Come detto già in altri articoli, lo studio deve essere sempre molto mirato. Non hanno importanza quante ore di studio accumuliamo durante il giorno solo per sentirci con la coscienza a posto; come detto nell’articolo Tre ore di studio al giorno bastano? ciò che veramente vale è se abbiamo raggiunto o meno i nostri piccoli/medi/grandi obiettivi.

Di questo ci ha parlato già molte volte Neuhaus, consigliandoci di avere molta tenacia e di non mollare finchè non superiamo l’ostacolo.

Ricordate l’esempio della pentola piena d’acqua che, dovendo raggiungere la temperatura d’ebollizione, viene tolta e rimessa varie volte sul fuoco senza mai poter arrivare ai 100°? Se non avete ancora letto questo articolo andate subito a leggerlo cliccando su questo link!

Come studiare al pianoforte i passaggi difficili? L’opinione di Casella, Chang e Gardi

Cercherò di rispondere a questa domanda prima con l’aiuto dei grandi pianisti e didatti citati nel titolo e, poi, attraverso un esempio pratico.

Nel rispondere a questa domanda potrebbero essere diverse le soluzioni al problema, tuttavia, vi è una linea di comportamento che, in molti casi, si rivela essere la più vantaggiosa: si tratta, in parole povere, di identificare e di isolare le note che appaiono di difficile esecuzione. 

Mi spiego meglio.

Spesso, in brani di difficile esecuzione, i passaggi tecnici che realmente costituiscono una difficoltà concreta per il pianista non sono molti.

Una volta individuati i passaggi più difficili, occorre fare un attento focus su ciò che realmente rende il singolo passaggio difficile: nella maggior parte dei casi, la difficoltà dell’intero passo è dovuta a 3/4 note al massimo.

Vi saranno sicuramente di aiuto le opinioni di Casella, Chang e Gardi citate qui sotto.

Casella:

“E’ necessario abituarsi fin dal principio a comprendere le ragioni della difficoltà tecnica di ogni problema. […] In molti casi, su venti note, ve ne sono appena cinque di ardua esecuzione. Lo studioso deve dunque sin dai primi anni avvezzarsi ad analizzare ogni difficoltà, cercandone le cause e smontando a pezzi ogni passo, così come si smonta un meccanismo. E come si ricompone un meccanismo smontato, così il pianista deve ricomporre il passo totale dopo averne isolato e studiato separatamente ogni difficile particolare.”

Chang:

“Il trucco più importante per imparare è quello di esercitarsi su brevi segmenti. Probabilmente questo trucco ha la massima efficacia nel ridurre i tempi di studio a causa di molte ragioni: 

  1. Entro un passaggio difficile, tanto per dire, di dieci battute, solitamente ci sono poche combinazioni di note che fanno da ostacolo. Non c’è bisogno di studiare nient’altro che queste note […].
  2. Esercitarsi solamente su brevi segmenti permette di studiare lo stesso segmento per dozzine, o anche per centinaia di volte, è questione di pochi minuti […].
  3. Quanto più breve sarà il segmento che si sceglie, tanto più rapidamente si potrà studiarlo senza effetti dannosi.”

Gardi:

“Nella segmentazione del passo difficile sarà utile inoltre aggiungere alcune delle note che lo precedono e lo seguono. L’inclusione di quelle poche note precedenti si rivelerà assai proficua, in quanto esse potranno formare un utile –anello di congiunzione– del passo in questione, quando, una volta imparato, esso dovrà esser ricomposto nel contesto del pezzo” .

Dalla teoria alla pratica

E’ arrivato allora il momento di mettere in pratica i consigli che abbiamo appena citato.

Farò un esempio pratico. 

Ho scelto uno dei tanti arpeggi di ardua esecuzione inseriti all’interno dello studio di Chopin op. 10 n. 1 in Do maggiore.

Come sappiamo, sono più di uno gli arpeggi di questo studio che in esecuzione sono molto scomodi per il pianista, ma, per ovvie ragioni, ho dovuto sceglierne uno così da farvi vedere passo dopo passo come affrontarne lo studio pratico.

Inoltre ci obbligherà (ed è un bene) a focalizzare tutta la nostra attenzione su poche note.

Iniziamo!

Immagine 1

Nell’immagine 1 vedete racchiuse tra parentesi graffe le battute 17-24 dello studio che ne costituiscono il terzo periodo.

Ipotizzando che uno degli arpeggi più ardui del periodo musicale sia quello discendente in Si maggiore settima nella battuta racchiusa nel riquadro rosso (battuta 22), andiamo a vedere come organizzarne lo studio.

IMPORTANTISSIMO: NON ESEGUIRE L’INTERO PERIODO 50 VOLTE. NON SERVIRA’ A FARVI RISOLVERE IL PASSAGGIO, ANZI PERDERETE MOLTO TEMPO.

E’ necessario prima di tutto concentrarsi sulle note che realmente rendono difficile l’arpeggio. 

  • Osservando con attenzione il passo, noteremo che abbiamo un intervallo di settima discendente  (la-si) da diteggiare con il secondo e il primo dito. Questo senza dubbio può essere una causa di stress per il pianista, soprattutto per coloro che hanno una mano piccolina. Ricordiamo che le grandi estensioni si allontanano molto dalla posizione naturale della mano. Il pianista dovrebbe in tutti i casi cercare di mantenere quando possibile la posizione naturale della mano, così da garantirne il rilassamento. Purtroppo in questo passo ciò non è possibile, quindi le due note la-si costituiscono una reale difficoltà 
  • Un’altra difficoltà, può consistere nel fatto che dopo che il pianista è riuscito ad estendere sufficientemente la mano per suonare il SI con il primo dito, dovrà repentinamente chiudere molto la mano (passaggio veloce da mano molto estesa a mano molto chiusa) per suonare il Re# con il quinto dito, prima di stabilizzarsi con il terzo dito sul Si e rieseguire il “micro-arpeggio” all’ottava bassa. Quindi, un’altra reale difficoltà sarà posizionare repentinamente il quinto dito sul Re#.

Immagine 2

Nell’immagine 2 sono racchiuse nei riquadri rossi le note che costituiscono una difficoltà.

In tutto le note “difficili” da suonare sono tre, per tre volte.

Capiamo bene che non avrebbe senso suonare l’intera battuta 50 volte se prima non si sono risolti i difetti tecnici dovuti alle tre note sulle quali invece dobbiamo mirare il nostro studio.

Come risolvere allora i difetti tecnici dovuti alle note difficili?

Come abbiamo letto da Casella, dobbiamo smontare il passo per ricomporlo dopo averne corretto i difetti.

Ciò che dobbiamo fare allora è raffigurato nell’immagine 3.

Immagine 3

Dobbiamo focalizzare la nostra attenzione sulla prima parte del problema. Ovvero, dobbiamo studiare la sezione di arpeggio raffigurata nel riquadro in rosso Si-La-Si. Il Si con il terzo dito dà stabilità alla mano, il La è di passaggio e grazie ad una repentina estensione della mano dovremmo arrivare a suonare il Si con il primo dito.

Il tutto senza irrigidirci, nonostante la posizione della mano del tutto innaturale.

Se non arrivate al Si legando, aiutatevi con il braccio che asseconderà il movimento. A velocità e con il pedale non si sentirà nessun vuoto, tuttavia, cercate di legare più che potete.

Studiate quindi queste sole tre note finchè non vedete che la difficoltà svanisce e la mano si è abituata alla posizione.

Serviranno minimo 200-250 tentativi eseguiti correttamente.  

Immagine 4

Il quarto step include anche il Re# prima e quello dopo, da suonare entrambi con il quinto dito.

Ho inserito la nota Re# all’inizio dell’arpeggio perchè cade in battere e vi sarà utile per dare ritmo allo studio e scaricare il peso del braccio.

Cercate quindi di arrivare fino al Re# in basso chiudendo repentinamente la mano e scaricando nuovamente tutto il peso del braccio sul quinto dito (purtroppo la nota in battere della quartina è il Re# e va suonata con il quinto dito, dito più debole degli altri quattro per natura, ma dopo qualche tentativo riuscirete!).

Ripetete questo esercizio fino a che non vi sentite comodi e la mano non soffrirà più dell’estensione innaturale.

Eseguite l’esercizio correttamente e senza irrigidirvi (esclusivamente la successione Re#-Si-La-Re#) per minimo 10-12 minuti!

Immagine 5

Infine aggiungete il Si al basso con il terzo dito che vi farà da perno per la rotazione ed estensione della mano quando proverete l’intera battuta.

Quindi per qualche minuto studiate la successione di note raffigurate nel riquadro rosso dell’immagine 5 e, se fin qui vi sentite “comodi”, siete pronti per studiare l’intera battuta e reinserirla nel periodo musicale. 

 

Nicolò De Maria

Bibliografia:

Gardi, N. (2008). Il biano e il nero. Varese: Zecchini Editore.

Chang, C. C. (2004). Foundamentals of piano practice. New York: Colts Neck.

Casella, A. (1954). Il Pianoforte. Milano: Ricordi.

Spero che questo articolo vi sia tornato utile. E’ il frutto dei miei modesti studi e di alcune letture personali. Non è richiesto di essere d’accordo con l’intero contenuto dell’articolo. Bensì, si accettano critiche e commenti costruttivi.

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1 commento
  1. Guido
    Guido dice:

    Gentile Sig. De Maria,
    è da relativamente poco tempo che ho conosciuto il Suo sito, ma è diventato per me un prezioso aiuto nello studio quotidiano. Desidero pertanto manifestarLe il mio apprezzamento e ringraziarLa sentitamente per il Suo lavoro sempre accurato ed acuto. Di particolare pregio anche il tono a “dimensione umana” dei Suoi articoli, vicino alle persone e mai avaro di efficaci consigli pratici.

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