Cosa fare e cosa non fare sul palco? O meglio, come comportarsi in pubblico dal momento in cui tutti gli spettatori avranno gli occhi fissati sul solista da quando esce a quando rientra nelle quinte.
Forse molti non si curano del linguaggio del proprio corpo sul palcoscenico; tuttavia, così come comunichiamo attraverso il fraseggio, l’agogica e il tocco (studiati meticolosamente e dettagliatamente) comunichiamo altrettanto attraverso i nostri gesti.
Gli ascoltatori in platea reagiscono ad ogni nostro minimo movimento e lo traducono in un’informazione.
Allora come comportarsi in pubblico nel migliore dei modi?
A volte, può essere necessario dar l’impressione di essere sicuri di noi stessi e della nostra preparazione.
Piero Rattalino nel suo “Manuale tecnico del pianista concertista” ci parla del linguaggio del corpo del pianista sul palcoscenico e ci insegna che l’interprete deve andare alla ricerca di un personaggio da rappresentare; la presenza stessa dell’interprete deve essere rappresentativa di “qualcosa”.
Alcuni nascono con la capacità di sapersi porre davanti al pubblico, altri invece devono lavorare sulla propria presenza scenica.
In ogni caso, bisogna fare attenzione a come atteggiamo il capo, le braccia, il busto e come entriamo in scena.
Di norma, dalla quinta al pianoforte, si percorrono circa sei metri (dipende dai palchi ovviamente): si possono percorrere correndo, lentamente, trascinandosi, a testa alta, dondolandosi, guardando in basso, sorridendo e in altri cento modi diversi.
Una cosa è certa: cioè che ognuno degli atteggiamenti sopra citati trasmettono al pubblico un messaggio diverso.
Meritano quindi cinque minuti di riflessione.
Trovo interessare citare il M° Rattalino in merito al messaggio che può arrivare al pubblico esclusivamente attraverso il nostro corpo:
“L’atteggiamento che si assume entrando in scena comprende una ricca casistica e viene immediatamente decifrato e interpretato dal pubblico: interpretato come <<io suono per te>> (detto a duemila spettatori, ciascuno dei quali – era il segreto di Artur Rubistein – ci credeva), <<io suono per ciascuno di voi>>, <<io spero di conquistarmi la vostra benevolenza>>, <<io non vedo l’ora di suonare>>, <<giacchè siete qui mi presto a compiacervi>>, <<io preferirei tanto essere da un’altra parte>>, <<io mi accorgo che quasi quasi mi fate schifo>> (Pogorelich prima maniera, che entrava come se andasse al supplizio, che non si alzava per ricevere gli applausi e che, anzi, girava la faccia verso il muro…, e che trionfava lo stesso).”
Vediamo allora 5 cose da fare e/o non fare in pubblico
1.
Il primo “numero” di uno spettacolo è l’entrata in scena e il secondo è l’inchino.
Si consiglia di trasmettere due messaggi al pubblico entrando in scena: il rispetto per gli ascoltatori e la sicurezza in se stessi.
Bisogna stare molto attenti, soprattutto all’inizio di uno spettacolo: mai perdere punti all’inizio del gioco facendoci scorgere nervosi o impauriti.
Un’entrata naturale e sicura di sè è ciò che il pubblico si aspetta di vedere. Anche se tremate, sforzatevi di accennare a un modesto sorriso..
2.
Tanti forse dimenticano questo particolare.
Una volta entrati, si eviti di dar le spalle al pubblico mostrandogli il posteriore.
Una volta appoggiata la mano sinistra allo spigolo del pianoforte, fate un passo indietro e sedetevi sullo sgabello, senza dare le spalle al pubblico.
3.
Evitare a tutti i costi di aggiustare l’altezza dello sgabello, operazione che deve essere assolutamente compiuta prima di entrare in scena: il ritocco trasmette immediatamente un’impressione di insicurezza.
4.
Se volete apparire sicuri di voi è vivamente sconsigliato di asciugare o stropicciare le mani, strofinarle sui pantaloni, mettere le dita sulla tastiera e tirarle subito indietro, posarle ancora sui tasti e ritirarle indietro.
Tutto ciò trasmette al pubblico una sensazione di grande timore.
Ricordiamo che ogni singolo gesto, anche se piccolo, compiuto dal momento in cui usciamo dalle quinte, viene captato e decodificato dal pubblico.
5.
Infine, l’inchino che si fa dopo il primo pezzo è diverso dal primo inchino che si è fatto all’entrata: può essere più confidenziale e rilassato, si può sorridere, e a mano a mano che la serata procede per il verso giusto ci si può comportare con crescente scioltezza.
In ogni caso, la gestualità sul palcoscenico viene curata pian piano e viene messa a punto con l’esperienza.
E’ anche molto soggettiva e può variare da pianista a pianista: Michelangeli, ad esempio, concedeva un pallido sorriso al pubblico dopo che rientrava per la terza o quarta volta dalle quinte dopo che il programma era terminato; Horowitz, invece, sorrideva, ridacchiava e faceva gesti di saluto al pubblico.
Nicolò De Maria
Bibliografia:
Rattalino, P. (2007). Manuale tecnico del pianista concertista. Varese: Zecchini Editore.
Spero che questo articolo vi sia tornato utile. E’ il frutto dei miei modesti studi e di alcune letture personali. Non è richiesto di essere d’accordo con l’intero contenuto dell’articolo. Bensì, si accettano critiche e commenti costruttivi.