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Come interpretare un brano al pianoforte?

Eseguire un capolavoro musicale richiede un alto livello di responsabilità da parte dell’interprete.

Spesso questo, purtroppo, viene trascurato mettendo in risalto aspetti di un’opera che non sono richiesti dall’autore, oppure dando vita ad esecuzioni che in alcuni contesti possono essere giudicate “sbagliate”.

Infatti, può apparire strano, ma mettersi davanti ad un’opera artistica e decidere di suonarla in pubblico richiede quasi un obbligo morale, un’applicazione totale alla composizione in questione.

Siamo abituati ad associare la parola “etica” soprattutto ai diritti umani, alla ricerca medica o alla filosofia. Nel mondo della medicina ad esempio possono verificarsi azioni che possono essere ritenute oggettivamente “sbagliate”.

Allo stesso modo, anche se può sembrare ridicolo, avviene per la musica.

La corretta interpretazione di una sinfonia di Mozart o di una sonata di Beethoven dipende soprattutto da scelte etiche. Il compito principale di un interprete è quello di ricreare l’opera nella maniera più “coerente al pensiero dell’autore, con dedizione e consapevolezza delle scelte interpretative”.

Sono due i rischi ai quali un interprete dovrebbe prestare attenzione:

1. Un’eccessiva e dirompente “personalità musicale”

E’ vero che un brano prende vita solo quando dei musicisti iniziano a suonarlo.

Lo spartito, in fondo, ancora non è musica; è fatto di macchie nere su carta bianca.

L’interprete, quindi, dà un’anima alle note e le interpreta in maniera soggettiva, in base alla propria sensibilità e alla propria storia. Ciò non può mancare in un’opera musicale, altrimenti la musica in sé perderebbe il suo principio fondamentale.

Tuttavia, alcuni musicisti molto dotati, a volte, si fermano su questo aspetto senza essere capaci di approfondire ciò che il compositore voleva trasmettere.

2. Un’eccessiva e dirompente negazione della “personalità musicale”

Al contrario, un’adesione esagerata o freddamente dogmatica alla pagina stampata non susciterebbe alcun interesse sull’ascoltatore. Provate e ne avrete la certezza.

Ho visto il pubblico distrarsi e sbadigliare durante alcune esecuzioni eticamente perfette ma senza alcuna personalità musicale.

Potete approfondire l’argomento sulla personalità dell’artista e su come un’artista può raccontarsi al pubblico leggendo l’articolo Come emozionare il pubblico quando suoni?

La risposta a questo dilemma, certamente la potete immaginare. Daniel Baremboim, nel libro “La musica è un tutto”, ci insegna che “esiste una sottile linea di demarcazione tra la dedizione totale a un’opera da un lato e l’annullamento di sé dall’altro. […] Come in molte altre circostanze della vita, ci vuole equilibrio”.

Ritengo che gli eccessi, in questo caso, siano da evitare. Cosa è richiesto? Cosa è lecito? Cos’è logico? Quanta libertà mi è data? Cosa intendeva il compositore?

Queste sono le domande che, prima di tutto, dovrebbe porsi ogni giorno chi esegue musica, senza tralasciare la propria personalità musicale e la soggettiva interpretazione del contenuto artistico.

 

Nicolò De Maria

 

Bibliografia:

Baremboim, D. (2012). La musica è un tutto. Etica ed estetica. Milano: Feltrinelli.

Spero che questo articolo vi sia tornato utile. E’ il frutto dei miei modesti studi e di alcune letture personali. Non è richiesto di essere d’accordo con l’intero contenuto dell’articolo. Bensì, si accettano critiche e commenti costruttivi.