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Come studiare al pianoforte in modo efficace?

Se vi è mai capitato di annoiarvi durante lo studio individuale al pianoforte, è probabile che lo stavate facendo nel modo sbagliato.

Soprattutto quando un brano già è montato, già “viene” (come si dice in gergo), spesso ci si chiede: “e adesso? cosa e come studio?.

Infatti lo sforzo mentale è decisamente maggiore quando il pezzo è già stato letto, studiato ed eseguito varie volte senza troppi pasticci. La prima  fase di studio spesso è accattivante e attraente, l’idea di poter eseguire un nuovo brano ci stimola a leggerlo nel più breve tempo possibile, soprattutto se la scelta del repertorio non è stata influenzata da fattori esterni alle nostre scelte musicali.

Poco dopo, ci si imbatte in una fase in cui bisogna mettere a posto i passaggi tecnici più difficili e, dopo esserci fatti un’idea circa l’interpretazione e le idee musicali fondamentali, il brano “viene”.

Ecco! Questo è un punto cruciale in cui tanti si bloccano, non sanno più cos’altro lavorare e il livello di esecuzione rimane tale per mesi.

Nell’arco di pochi giorni il pezzo viene montato e nell’arco delle settimane successive i miglioramenti diventano quasi impercettibili.

Questo è un problema noto a tutti, a tal punto che il noto didatta russo Heinrich Neuhaus, nel suo libro “L’Arte del Pianoforte” ha voluto dedicarci qualche pagina. Vediamo allora quali sono i suoi tre consigli concreti che possiamo applicare sin da domani e che dovrebbero diventare un’abitudine.

Tre consigli pratici sullo studio individuale

 

  1. Studiare come un direttore d’orchestra

Per chi non avesse mai visto come studia uno studente di direzione, posso affermare che molti di loro li trovate sparsi per i corridoi dei conservatori, a mensa, in biblioteca o seduti ad un tavolo.

Leggono la parte e accennano i movimenti con le braccia. Alcuni possono concedersi il lusso di fare pratica davanti ad uno specchio per concentrarsi più sull’efficacia dei movimenti delle braccia.

Quanti pianisti vi capita di vedere seduti ad un tavolo a studiare la partitura? Purtroppo solo in pochi hanno questa sana abitudine. Comprendo che spesso non lo riteniamo strettamente utile, perché abbiamo moltissimo repertorio da studiare in poco tempo, siamo già stressati dai vari appuntamenti artistici per i quali spesso non ci sentiamo del tutto preparati.

“Pensa se mi metto a perder tempo seduto ad un tavolo piuttosto che suonare al pianoforte!”

Tutto vero e comprensibile. Tuttavia, a volte sedersi a tavolino può tornare utile per varie ragioni.

Innanzi tutto ci aiuta a gestire meglio il nostro tempo nelle fasi di studio. Spesso siamo talmente presi dalla pratica strumentale che non ci rendiamo conto di ciò che andrebbe approfondito e di ciò che invece suoniamo già discretamente.

Lo studio a tavolino ci permette di focalizzare tutta la nostra attenzione sull’interpretazione, poiché non dobbiamo concentrarci nel suonar le note. Quindi staremo più attenti al tempo, alle dinamiche, all’armonia, alla struttura, eccetera.

Con la parte davanti agli occhi un direttore d’orchestra può comprendere quali strumenti devono emergere e quali no, quali espongono la melodia e quali invece la sostengono. Allo stesso identico modo dovrebbe avvenire per un pianista che con molta attenzione decide quale voce mettere in evidenza e quale no, al fine di evitare il caos. Lo stesso principio vale per l’armonia, il tempo, le dinamiche e le scelte artistiche.

 

  1. Soffermarsi sui “nodi”

Neuhaus chiama “nodi” tutti quei punti che nel brano hanno una rilevanza particolare.

Può essere l’esposizione di un tema o una modulazione, il passaggio dal primo al secondo tema di una sonata classica, la ripresa o la coda. Insomma tutti i punti fondamentali della struttura formale.

Lo studente, soprattutto grazie all’aiuto dello studio a tavolino, può scoprire passi straordinari, bellezze non immediatamente comprensibili, che abbondano nelle composizioni di grandi autori.

Spesso i “nodi” di cui si è appena parlato colpiscono il nostro orecchio al primo ascolto, o durante la lettura del pezzo. Purtroppo dopo molte esecuzioni può accadere che tali punti fondamentali non attraggono più la nostra attenzione e che quindi necessitano di essere riportati alla luce per mezzo di una scelta interpretativa voluta.

 

  1. Soffermarsi sui dettagli dell’opera

L’ultimo consigli che il didatta russo ci ha lasciato in eredità riguarda l’attenzione ai particolari.

E’ durante una delle ultime fasi di studio che noi pianisti in genere affrontiamo la ricerca dei dettagli da mettere in evidenza. Purtroppo spesso non si arriva ad avere il tempo necessario per dedicarsi alla comprensione del profondo significato di ogni piccolo segno trascritto in partitura.

Tuttavia sarebbe utile tentare quest’approccio anche per poche ore o per pochi minuti.  Lo studente comincerebbe a capire che l’opera, bellissima nella sua interezza, è bellissima in ogni suo dettaglio, che ogni particolarità ha un senso, una logica, un’espressività e rappresenta una parte organica dell’insieme.

Saper studiare al pianoforte è un’arte che si impara con  gli anni.

Spero che questi consigli vi siano stati utili. Sono molto concreti e applicabili sin da subito. Non dobbiamo farci intimorire dal tempo che potrebbe richiederci un tale metodo di studio.

All’inizio, ritengo che possa essere utile affrontarlo anche per pochi minuti, per piccole sezioni o singole battute (bastano 3-4 minuti per rendersi conto se è utile o no). Sono certo che darà presto buoni risultati. L’ideale sarebbe rendere questo esercizio un’abitudine di routine.

 

Nicolò De Maria

 

Bibliografia:

Neuhaus, H. (1992). L’arte del pianoforte. Milano: Rusconi.

Spero che questo articolo vi sia tornato utile. E’ il frutto dei miei modesti studi e di alcune letture personali. Non è richiesto di essere d’accordo con l’intero contenuto dell’articolo. Bensì, si accettano critiche e commenti costruttivi.

il pianista e la paura del pubblico_nicolò de maria
Come prepararsi alla performance e prevenire i vuoti di memoria

Il pianista e la paura del pubblico

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Come ottenere uno stile di vita produttivo che ti permetta di studiare di più e meglio al pianoforte?

Perché è necessario che un musicista o uno studente di conservatorio rifletta sul proprio stile di vita? Se credi che le buone o cattive abitudini possano stimolare o interferire con l’efficacia del tuo studio musicale allora continua a leggere questo articolo.

Riflettiamo insieme su alcuni aspetti che potranno cambiare il tuo modo di affrontare la giornata e darti l’energia e il tempo sufficienti per studiare di più e meglio e raggiungere risultati artistici concreti.

Stile di vita

In molti sappiamo che la costanza e l’abitudine danno l’energia necessaria per esercitarsi allo strumento a lungo e in modo efficace. Ma ciò non è semplice.

La capacità di rimanere concentrati, ad esempio, è una virtù che va imparata e acquisita. Non è una decisione che si prende dall’oggi al domani. Tutto ciò avviene gradualmente con l’abitudine.

Tre ingredienti indispensabili

È una questione di volontà (“sono motivato a raggiungere il mio scopo”), responsabilità (“ho compiuto liberamente una scelta e la porterò fino in fondo”) disciplina (“anche se oggi non ho voglia o sono stanco o gli amici mi reclamano per fare altro, studio!”).

Ognuno di noi ha una capacità di apprendimento impressionante, spesso senza rendersene conto. Il nostro obiettivo è ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo.

L’esecuzione finale di un brano è come la punta di un iceberg, ovvero l’unica parte visibile. Tutto il resto è nascosto sott’acqua e rappresenta la fase di studio che ha preceduto la performance.

Il risultato può cambiare notevolmente sulla base di come viene affrontato lo studio, se con attenzione e concentrazione oppure no.

Molte persone aspirando ad un certo obiettivo con tenacia e disciplina, pur di potersi avvicinare alla loro meta non si fanno sopraffare dalla fatica e dalla stanchezza. Altre, invece, non sono state abituate, sin da piccole, alla determinazione che potrebbe portarli a superare i loro limiti e, dunque, falliscono.

La disciplina è indispensabile per suonare bene il pianoforte ed esibirsi in pubblico con sicurezza.

La concentrazione durante lo studio va anche preservata, cercando in tutti i modi di evitare ogni tipo di distrazione e di stress.

Iniziamo a fare qualche esempio concreto.

Ad esempio, condurre una vita carica di impegni quotidiani non concilia lo studio attento, anzi, sovraccarica lo studente di ulteriore stress. Infatti, sarà tentato sovente a doversi dedicare ad altro. Ciò influenza molto l’esecuzione pubblica.

È molto interessante l’aneddoto che racconta Neuhaus:

“Avevo una studentessa straordinaria, che, tuttavia, non aveva suonato in pubblico neppure una volta senza confondersi e dimenticare qualcosa. La ragione era che si trascinava appresso una smisurata quantità di impegni ed era molto esaurita”.

Dopo queste sante parole, molti di noi potrebbero dire: “ecco trovata la causa del mio male”. Perché, in fondo, siamo tutti un po’ così. Ci piace fare mille cose.

E’ importante, dunque, riflettere su qual è il nostro attuale stile di vita e su come stiamo gestendo il nostro tempo poiché influenza radicalmente le nostre sedute di studio e, dunque, le pubbliche esecuzioni.

La gestione del tempo

Vi riporto un altro famoso aneddoto che viene raccontato sovente quando si parla di una corretta gestione del tempo:

Un giorno, in una grande azienda, arrivò un manager molto esperto per tenere una conferenza sulla gestione del tempo e degli obiettivi. La sala era gremita, perché l’uomo era molto conosciuto per la sua saggezza e tutti erano ansiosi di imparare qualcosa da lui.

Entrò in sala, prese posto davanti a tutta quella platea di persone, appoggiò la sua valigetta sul tavolo, la aprì e tirò fuori un grosso bicchiere di plastica trasparente, in modo che tutti potessero vederlo, prese alcuni sassi abbastanza grossi dalla valigetta e incominciò a metterli dentro il bicchiere… Uno, due, tre…

Con il terzo sasso era ormai pieno ed era impossibile pensare di farcene entrare un altro. A questo punto l’uomo chiese alla platea: «Questo bicchiere è pieno?». Tutti, un po’ meravigliati da quello che stava succedendo, risposero: «Sì, lo è».

Allora l’uomo prese dalla valigetta un sacchetto pieno di sassolini piccoli e cominciò a versarlo nel bicchiere. I sassi grossi avevano lasciato molti spazi vuoti e i sassolini li riempirono, finché raggiunsero l’orlo del bicchiere. «Adesso è pieno?»chiese l’uomo. «Adesso sì, lo è», tutti risposero.

L’uomo cercò ancora nella sua valigetta, prese un sacchetto di sabbia finissima e cominciò a versarlo nel bicchiere riempiendo tutti gli spazi vuoti lasciati dai sassolini. «Ora è pieno?», chiese ancora l’uomo. «Sì, ora è veramente pieno», fu la risposta unanime.

Ma ancora non è finita: l’uomo prese la bottiglia dell’acqua che c’era sul tavolo e prese a versarla nel bicchiere finché non lo riempì del tutto.
«Ora – disse l’uomo – vorrei sapere da voi cosa vi ha insegnato questa dimostrazione»

Ci fu un lungo silenzio, poi qualcuno disse: «Forse mi insegna che, per quanto sia piena la mia agenda, posso sempre sforzarmi di trovare un po’ di spazio»Dopo un po’, un altro disse: «Mi insegna che, se mi carico di troppi impegni, rischio di fare dei danni: infatti se tentassi di aggiungere ancora qualcosa, il bicchiere potrebbe rompersi».

Tuttavia, si capiva che non potevano essere queste le risposte.

L’uomo attese ancora qualche minuto, poi disse: «Questo esempio dimostra che, se non avessi messo nel bicchiere per primi i sassi grossi, dopo non sarei più riuscito a farceli entrare. Dunque, per organizzare e gestire al meglio il vostro tempo, prima di accettare un lavoro, assumervi degli impegni, o prendere qualsiasi decisione, stabilite e sistemate gli aspetti veramente importanti e irrinunciabili della vostra vita. Dopodiché, potrete occuparvi di trovare lo spazio per tutto il resto».

Chiuse la valigetta e se ne andò.

Ecco perché è importante capire sin da subito ciò che veramente conta nella vita. È una scelta che ogni studente deve fare. Deve decidere a che posto sta l’esercizio allo strumento e il raggiungimento del suo obiettivo, rispetto a tutto il resto.

Ecco che allora la routine settimanale e quotidiana assumono un ruolo predominante allo scopo di acquisire disciplina e poter studiare di più al pianoforte. Ma non solo, anche per abituarsi gradualmente a protrarre la capacità di rimanere concentrati e quindi di rimanere seduti a studiare mano a mano qualche mezz’ora in più.

È tutta una questione di regolarità, responsabilità e determinazione che, insieme, portano ad una piacevole sensazione di soddisfazione data dalla certezza di essere stati fedeli al proprio intento.

Senti senza indugio che stai facendo la cosa giusta. La tua autostima e la sicurezza in te stesso aumentano.

Neuhaus racconta:

Cortot diceva che la cosa più importante per un concertista in tournée è una buona dormita e uno stomaco sano. […] A Mosca, fra una lezione e l’altra con gli studenti, fra riunioni e concorsi, nonostante la stanchezza, mi capitava spesso di dovermi preparare a qualche concerto importante. Mi preparavo con scrupolo, cercavo di utilizzare tutto il tempo libero, ma in seguito all’eccessiva stanchezza il concerto risultava non all’altezza della situazione; […] la quantità di lavoro svolto – prima del concerto – era a volte due o tre volte maggiore di quello necessario per la preparazione di un concerto quando ero in buono stato di salute, libero da impegni e fresco di spirito.” 

Neuhaus accenna così all’importanza per un concertista di condurre uno stile di vita sano (dormire bene, mangiare sano e praticare attività fisica) e svincolato da troppi impegni, ma vi posso garantire che ciò è necessario anche ad uno studente assennato che non vuole disperdere le sue energie in mille distrazioni.

Nicolò De Maria

Bibliografia:
H. Neuhaus, L’arte del pianoforte, Rusconi, Milano 1985
F. Righini & R. Zadra, Maestro di te stesso, Curci, Milano 2010


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