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Come prepararsi alla performance e prevenire i vuoti di memoria

Il pianista e la paura del pubblico

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Come essere felici? La soddisfazione o l’insoddisfazione per ciò che la vita ci impone o ci regala da cosa dipende? Dipende dai soldi che abbiamo nel conto in banca, o forse dalla posizione sociale che ricopriamo? Cos’è che secondo te potrebbe veramente darti la felicità?

Riflettiamoci insieme in questo articolo.

Molto spesso la nostra soddisfazione o insoddisfazione rispetto ad un evento non dipende da un giudizio oggettivo, ma da una nostra pretesa.

Forse la domanda “come essere felici?” andrebbe riformulata? Ad esempio così: “Cosa ritengo sia indispensabile raggiungere o avere per essere felici?”

Cari lettori, dobbiamo fare luce su un concetto che per noi musicisti è molto caldo. Vale per chiunque, non necessariamente un musicista.

Siamo noi che ci imponiamo un determinato obiettivo, spesso molto ambito e difficile da raggiungere, e se non lo otteniamo ci sentiamo insoddisfatti con noi stessi, ritenendoci dei falliti, degli sfigati agli occhi degli altri.

Spesso ci diamo delle regole da rispettare. Sono per lo più regole che ci imponiamo inconsapevolmente, senza farci caso, su cosa deve accadere o meno nella nostra vita, per aggiudicarci il premio della meritata felicità. 

Ogni persona ha le sue regole, si crea il suo regolamento personale per potersi sentire autorizzato a spuntare di volta in volta le caselle della personale check-list, e tutto ciò è influenzato dal contesto culturale, professionale e familiare.

Se non si raggiungono determinati obiettivi imposti dalla Società Mondiale “Obiettivi S.p.A.” non si può e non si DEVE essere felici.

Quanto è falso tutto questo.. eppure ci ricadiamo tutte le volte senza nemmeno accorgercene.

Questo accade molto spesso tra i musicisti, i quali vivono in ambienti dove la competizione è altissima e tutto ciò deturpa la bellezza autentica del fare musica.

Sin da piccoli, gli studenti di uno strumento musicale percepiscono la pressione della competizione, del dover essere migliori degli altri, perdendo di vista il vero obiettivo: fare musica e divertirsi.

Ognuno di noi si dà delle regole che spesso sono fatte di obiettivi: “Se riesco a…. allora….”, “Se raggiungo quel… finalmente sarò felice”.

C’è molta gente insoddisfatta per non avere raggiunto un determinato posto di lavoro o stato sociale.

Costoro potranno essere felici solo in due modi: o raggiungono il loro obiettivo o cambiano le personali regole di vita. Non avranno altre vie d’uscita, al di fuori della rassegnazione.

Ma adesso vi dico una cosa alla quale forse non avete mai fatto caso.

Se le regole che ci imponiamo sono troppo rigide, ci stiamo condannando ad una vita di fallimenti.

Con questo non intendo dire che non bisogna perseguire i propri sogni, intendo dire che è necessario fare un’attenta analisi degli obiettivi che ci imponiamo.

Conosco moltissimi musicisti, di tutte le età, insoddisfatti perché desidererebbero fare più concerti, desidererebbero avere più spettatori ai loro concerti, desidererebbero essere pagati di più, desidererebbero vincere determinati concorsi internazionali, desidererebbero non sbagliare nemmeno una nota ai concerti ed essere impeccabili come per un’incisione. 

Desidererebbero, desidererebbero, desidererebbero…

È certo che obiettivi di questo tipo conducono ad una vita di stress e frustrazioni se non vengono raggiunti.

È importante comprendere cosa ha valore per noi, cosa ha VERAMENTE valore.

Non credo abbiano successo solo i solisti che si esibiscono in teatri rinomati.

Ritengo invece che anche un bravo docente, capace di stimolare la motivazione e la passione della musica nei suoi allievi, abbia molto successo e possa meritare la coppa della soddisfazione personale e della felicità.

Solo un datore di lavoro affermato o un imprenditore che possiede un’auto molto costosa può essere felice?

E un padre di famiglia che va a lavorare con passione non può essere felice? Pur non avendo un grosso reddito.

I concetti di felicità e di soddisfazione che ognuno di noi si crea nella propria mente influenzano radicalmente la nostra vita e quasi del tutto le nostre scelte professionali.

Spesso, però, ci si impone di raggiungere un determinato status sociale perché condizionati dalla società in cui viviamo, senza pensare che in un ipotetico altro contesto, in un altro posto del mondo, in una differente società i modelli di felicità sono diametralmente opposti.

La Parabola del pescatore

Vorrei proporvi la lettura di quella che è ormai conosciuta come la Parabola del pescatore.

Un uomo d’affari statunitense, su ordine del medico, si concesse una vacanza in un piccolo villaggio costiero messicano.

Incapace di prendere sonno dopo avere ricevuto una telefonata urgente dall’ufficio, si avviò verso il molo per schiarirsi le idee.

Lì era attraccata una minuscola imbarcazione con un solo pescatore, carica di tonni pinna gialla. L’americano si complimentò con il messicano per la pesca.

«Quanto ci ha messo a pescarli?» domandò l’americano. «Pochissimo tempo» rispose il messicano in un inglese sorprendentemente buono.

«Perché non sta fuori di più e prende più pesce?» domandò allora l’americano.

«È sufficiente per sostenere la mia famiglia e regalarne un po’ agli amici» disse il messicano mentre li scaricava in una cesta.

«Ma… Che cosa fa il resto del tempo?»

Il messicano alzò lo sguardo e sorrise.

«Dormo fino a tardi, pesco un po’, gioco con i miei figli, faccio una siesta insieme a mia moglie Julia, e giro per il villaggio ogni sera, dove bevo vino e suono la chitarra con i miei amigos.

Ho una vita piena e impegnata, señor.»

L’americano rise e si allungò in tutta la sua statura.

«Signore, mi sono laureato a Harvard con un Master in Business Administration e posso darle una mano.

Dovrebbe dedicare più tempo alla pesca e in questo modo potrebbe acquistare una barca più grande.

In un attimo, con l’aumento dei profitti, potrebbe comperare numerose barche. Alla fine avrebbe una flotta di pescherecci.».

Proseguì. «Invece di vendere quello che pesca a un intermediario, potrebbe vendere direttamente ai clienti, e alla fine potrebbe aprire un conservificio.

Controllerebbe il prodotto, la lavorazione e la distribuzione.

Naturalmente dovrebbe lasciare questo piccolo villaggio costiero di pescatori e trasferirsi a Città del Messico, poi a Los Angeles e infine a New York, dove potrebbe gestire la sua impresa in espansione con un management appropriato.»

Il pescatore messicano domandò: «Ma, señor, quanto ci vorrà per tutto questo?».

Al che l’americano rispose: «Quindici, vent’anni. Massimo venticinque».
«E poi, señor?»
L’americano rise e disse: «Questa è la parte migliore.

Al momento giusto, lancerebbe una IPO e venderebbe le azioni della sua società al pubblico diventando veramente ricco.

Farebbe i milioni».

«Milioni, señor? E poi?»
«A quel punto potrebbe ritirarsi e trasferirsi in un piccolo villaggio costiero di pescatori, dove potrebbe dormire fino a tardi, pescare un po’, giocare con i suoi figli, fare una siesta insieme a sua moglie e girare per il villaggio la sera, per bere vino e suonare la chitarra insieme ai suoi amigos…»

Gli obiettivi che ci poniamo sono relativi e dipendono dai nostri desideri, che sono soggettivi.

La mente umana è programmata per non accontentarsi mai.

Insegue una ricchezza che non sarà mai sufficiente.

Quando hai zero ti sembra fantastica la prospettiva di avere 100, quando finalmente hai 100 pensi che non sarebbe male avere 1.000, quando hai 1.000 credi che te la potresti spassare se avessi 100.000 e così via all’infinito senza via d’uscita, senza nemmeno accorgertene.

Per gli artisti è la stessa cosa: quando suoni a un saggetto di classe pensi già al concerto di fine anno del conservatorio, quando suoni nell’auditorium della tua città pensi già al teatro provinciale, quando suoni in un teatro di calibro regionale pensi già a quelli nazionali e internazionali.

E così via all’infinito senza mai accontentarsi.

Con questo non voglio scoraggiare voi lettori a perseguire una meritata ricchezza economica, una splendida carriera, un livello artistico sempre più elevato; desidero bensì farvi riflettere sullo stato psicologico ed emotivo che questa ascesa e questo percorso vi comportano.

Qual è il prezzo da pagare? Rincorrere tanta ricchezza ti porta a vivere in un continuo stato di stress, ansia, frenesia, iperattività e non ti fa godere della ricompensa stessa? Sarai troppo impegnato a rincorrere obiettivi sempre più in alto.

Nel frattempo, il tempo passa. Inesorabile.

Allora, come essere felici?

Quali sono i vostri obiettivi da raggiungere?

In che modo puntate ad un risultato da raggiungere, a breve o lungo termine?

La domanda giusta è: cos’è che vi spinge a compiere ogni azione? Cosa vi motiva a perseguire un determinato sogno piuttosto che un altro?

La motivazione: cuore pulsante di ogni azione

Il motore pulsante che spinge ogni uomo a compiere qualsiasi tipo di azione è la motivazione.

In inglese in verbo “to be motivated” ha il significato di “to be moved”, ovvero essere portato o sentirsi emotivamente indotto a compiere un’azione.

Una persona che non sente dentro di sé l’impeto, lo stimolo, l’ispirazione del fare è immotivata.

Da questo punto di vista, non esistono persone pigre.

Esistono semplicemente persone che non hanno motivi sufficientemente validi da spingerli all’azione.

Ecco che sapere perché vuoi ottenere qualcosa è molto più importante di sapere cosa vuoi ottenere.

La motivazione reale ed autentica punta sui desideri profondi del soggetto, non legati a far felice qualcun altro o a riceve un premio materiale.

I desideri profondi entusiasmano e stimolano il soggetto.

Il percorso stesso, atto al raggiungimento dell’obiettivo, è di per se appagante.

I limiti possono spostarsi quando hai davanti a te qualcosa di talmente bello ed entusiasmante da farti dimenticare le difficoltà e gli ostacoli che dovrai affrontare.

Si possono compiere follie pur di raggiungere uno scopo, se è veramente motivato.

Nella scelta dei nostri obiettivi, di un risultato, di un’idea da realizzare dobbiamo sempre fermarci a riflettere sul perché.

Se l’idea di ottenere un risultato ti entusiasma, ti appaga, aumenta la tua autostima, libera la tua creatività, ti mette serenità, concilia la tua crescita personale e ti rende felice, allora… AVANTI TUTTA!

Se, invece, l’obiettivo che ti sei prefissato in realtà è l’obiettivo di qualcun altro oppure la ricompensa nella tua mente è solo la stima degli altri… lascia perdere!

Tutto ciò è il primo passo per avvicinarti alla felicità, la tua felicità. Non quella di qualcun altro per te.

Nicolò De Maria

Bibliografia:
T. Ferris, 4 Ore alla settimana, Cairo Editore, Milano 2017


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