Il pianista e la paura del pubblico
Come prepararsi alla performance e prevenire i vuoti di memoria
Il libro “Il pianista e la paura del pubblico” è una raccolta e un approfondimento degli articoli più letti dagli utenti. Se vuoi approfondire questo articolo e gli argomenti principali di questo sito, quali l’ansia da palcoscenico, la paura di suonare in pubblico, le tecniche di memorizzazione musicale, la sicurezza in se stessi e la solidità tecnica clicca qui sotto.
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Suonare a memoria. Tipi di memoria musicale e tecniche di memorizzazione, Ansia pre-esame? La memoria ti spaventa? Cosa fare prima di suonare in pubblico, Ansia da vuoto di memoria? 5 consigli pratici su come affrontarla, IL PIANISTA E LA PAURA DEL PUBBLICO, Talento o ostinazione. Come raggiungere i propri obiettivi?, Come studiare di più al pianoforte, Come rimanere concentrati?, Come essere felici (per musicisti e non), Come superare i propri limiti (per musicisti e non), Cambiare pensieri negativi in positivi, Paura del giudizio degli altri?, Rimanere concentrati sul palco o ad un esame.
Indice di navigazione
- Introduzione
- La lettura di un nuovo brano
- Sentirsi comodi anche nei passaggi tecnici difficili
- Rimanere sempre rilassati
- La memorizzazione efficace di un brano
- La ripetizione
- Ascoltare il proprio corpo durante l’esecuzione
- Essere artisti
In questo articolo cercherò di rispondere ad una domanda che in molti mi hanno posto: come sconfiggere l’ansia di suonare in pubblico? come affrontare serenamente un’esecuzione pubblica suonando a memoria?
Cercherò in queste righe di condividere con voi alcuni consigli concreti, i quali una volta applicati porteranno certamente ad un miglioramento delle condizioni psicologiche con le quali ci approcciamo al palcoscenico.
Sono moltissimi i musicisti che lottano contro l’ansia di suonare in pubblico.
E’ sorprendente riconoscere quanti musicisti e, nello specifico, pianisti combattono contro l’ansia di suonare in pubblico e di incappare in un vuoto di memoria. E’ un timore con cui tutti siamo chiamati a convivere.
In effetti, spesso crediamo che siamo gli unici a temere il pubblico. Non è affatto così, anzi! E’ del tutto normale. A tutti i livelli, sono moltissimi i pianisti che soffrono la pressione dell’esecuzione pubblica, dai piccoli saggi di classe ai concerti nelle grandi sale.
Ho avuto modo di trovarmi vicino a pianisti di altissimo calibro che tremavano prima di salire su palchi di teatri anche da 1000 spettatori. Alcuni di loro avrebbero anche voluto rinunciare ad esibirsi se avessero potuto.
Allora come controllare l’ansia da palcoscenico?
Dobbiamo giocare di anticipo. Prepararci al momento dell’esibizione!
Per mezzo di questo guida farò in modo che il momento dell’esecuzione live non diventi un incubo. Ci prepareremo affinchè il controllo e la resistenza acquisite durante la fase di studio abbiano il sopravvento sul timore di incappare in un errore inaspettato.
Abbiamo detto che sono moltissimi i musicisti che temono una performance pubblica, tuttavia, cos’è che fa la differenza tra un pianista solido ed uno che trema sul palco? Cos’è che fa la differenza tra un musicista che non sbaglia nemmeno una nota ed uno che invece non è capace di controllare il rilassamento del corpo e la tendenza a correre?
A mio avviso e sulla base della mia esperienza, ciò che conta di più non è eliminare l’ansia, ma è imparare a conviverci controllandola.
Non si tratta di psicologia: ne ho sentito parlare mille volte. Sono tanti i maestri, amici o colleghi che cercheranno di tranquillizzarvi dicendovi: “ma stai tranquillo!”, “cosa vuoi che succeda?”, “studia di più!”, “chi se ne frega del pubblico”, “stai calmo, andrà bene” o chissà cos’altro.
Io ritengo che la soluzione a questo disagio non sia eliminarlo, ma controllarlo e gestirlo.
E’ molto importante imparare a conviverci e prepararsi a ciò in anticipo.
Per fare ciò è necessario avere una sicurezza e una padronanza del repertorio superiori alla paura di sbagliare. Più siamo sensibili emotivamente e più dobbiamo mirare ad essere preparati al 150%.
Ciò non vuol dire semplicemente studiare di più, ho visto colleghi studiare giornate intere senza nemmeno pranzare a causa di un esame di conservatorio. Questo non è detto che porti i frutti desiderati.
E’ necessario studiare la performance!
Vi sembra di aver scoperto l’acqua calda? Assolutamente no! Sono pochissimi coloro che studiano la performance.
La maggior parte degli studenti di conservatorio si preparano meticolosamente sui dettagli del repertorio (ad esempio sforzati, accenti, minuzie dinamiche, diversità di tocco, eccetera) quando poi in pubblico -a causa dell’ansia- vengono tralasciati aspetti più strutturali come l’esattezza ritmica, il solfeggio e le note! E’ un vero peccato!
Questo avviene poiché non ci si prepara all’esecuzione, non si studia la performance!
Vi consiglio di leggere un approfondimento a questo argomento leggendo l’articolo “Ansia da Palcoscenico? La sicurezza come base della libertà”
Come studiare la performance al fine di acquisire un controllo ed una sicurezza superiori all’ansia di suonare in pubblico?
Ecco alcuni consigli pratici che spero saranno di immediata applicazione:
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La lettura di un nuovo brano
La lettura di un nuovo brano è una delle fasi più importanti ai fini del raggiungimento di un alto livello di controllo. Spesso si pensa che ci si debba preoccupare della memoria musicale e della sicurezza sul palcoscenico quando il brano è già pronto o quando si avvicinano gli appuntamenti artistici.
Tutt’altro! Una buona lettura permette che non vengano a crearsi difetti e imprecisioni che rischiamo di portarci dietro durante tutto il periodo di studio.
Gli errori di lettura -e non parlo solo di note, bensì di dettagli fraseologici e musicali- sono, inoltre, difficilissimi da correggere una volta assimilati.
Soprattutto quando abbiamo a disposizione poco tempo per montare un nuovo repertorio, la lettura deve avvenire con la massima attenzione.
Se abbiamo poco tempo, l’unica chance è affrontare con la massima calma la lettura del nuovo brano. La fretta ci fa perdere tempo!
Per iniziare, richiamerei l’attenzione sulla diteggiatura, dettaglio che a volte viene snobbato o addirittura improvvisato. Niente di più rischioso, provare per credere!
La diteggiatura, come sapete, necessita di essere valutata, provata, riprovata, vagliata e scritta sulla parte.
La diteggiatura necessità di essere scritta! Sempre e nella sua interezza! Anche quando i passaggi sono molto semplici.
Ho avuto l’occasione di avere tra le mani per pochi minuti uno dei volumi degli studi di Chopin appartenuti a Michelangeli. Rimasi sorprendentemente meravigliato quando notai che su ogni nota era scritto il relativo dito. Intendo proprio su tutte le note, anche sui bassi. Erano segnati, ad esempio, tutti i 1° e 5° dito degli arpeggi del primo studio op. 10! Incredibile!
Quanto più, allora, a noi comuni mortali gioverebbe una diteggiatura scritta nella sua interezza? Moltissimo! Quindi che la lettura avvenga lentamente.
Più lentamente avviene e più risparmiate tempo, poichè avrete l’occasione di focalizzare la vostra attenzione su moltissimi dettagli, assimilandoli sin dall’inizio e senza doverci tornare in seguito.
È utilissimo, a mio parere, sin da subito, essere molto severi con se stessi ed essere il più chiari e precisi possibile. È sufficiente tentare di non tralasciare nulla cercando in tutti i modi di eseguire la nuova sezione musicale rispettando rigorosamente la diteggiatura scritta e alla massima perfezione tecnica, ritmica, fraseologica e musicale, anche se ad un tempo lentissimo.
Se si riesce ad ottenere questo, si è già a buon punto, poichè (semplificando e per alcuni aspetti – non fraintendetemi) basterà accelerare gradualmente.
Non giustificatevi se sbagliate note! Anzi, correggetele subito e fate in modo di non compiere lo stesso errore in avanti.
Quando studiate nel salotto di casa vostra suonate come se foste su un palco col pubblico presente, caricandovi ogni giorno di un pizzico di stress che percepirete quando vi esibirete realmente.
Cullarsi non serve, è utile solamente a perdere tempo. Provate ad essere severi con voi stessi e attenti sin da subito e sarete a metà del lavoro in pochissimo tempo.
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Sentirsi comodi anche nei passaggi tecnici difficili
Uno dei principali fattori che causano l’ansia da palcoscenico e la paura di suonare in pubblico riguarda i passaggi tecnici difficili.
Infatti, come ben potete immaginare, quando dobbiamo eseguire un repertorio relativamente semplice (ad esempio accompagnare un cantante, o suonare a quattro mani, oppure suonare tempi di sonata lenti) il nostro stress è decisamente ridotto rispetto a quando ci troviamo di fronte ad un repertorio tecnico di ardua esecuzione.
Ciò vuol dire che focalizzare il nostro studio sui punti più complessi potrebbe aiutarci a ridurre la nostra insicurezza.
Il nostro studio, per questo motivo, non deve essere misurato sulla base delle “ore giornaliere”. Non serve studiare molte ore se non si ha un obiettivo preciso, se non ci si prefissa di voler correggere uno o più difetti specifici.
A questo proposito vi consiglio di leggere l’articolo “Tre ore di studio al giorno sono sufficienti? L’opinione di Chopin, Liszt, Hummel e Neuhaus“.
Dobbiamo sentirci soddisfatti quando ci siamo prefissati un obiettivo e lo abbiamo concretamente raggiunto. Avevamo un difetto e lo abbiamo corretto. Sporcavamo spesso un passaggio e abbiamo trovato il modo di eseguirlo pulito dieci volte su dieci.
Trovare i punti di ardua esecuzione non è semplice. Spesso crediamo che un’intera sezione sia “difficile”, quando in realtà ciò che risulta scomodo alla nostra mano sono solo poche note.
Ho fatto alcuni esempio su questo argomento nell’articolo “Come studiare al pianoforte i passaggi difficili? Casella, Chang, Gardi”.
I didatti sopra citati convengono nel ritenere che in un intero passaggio complicato, le note complesse da eseguire sono poche, a volte solo due o tre.
Bastano poche note a rendere difficile un’intera frase.
Ma allora perché non focalizzare tutta la nostra attenzione su quelle note specifiche?
Perché non trovare il modo o la diteggiatura ideale per rendere comoda l’esecuzione di quelle note?
Questa deve essere la strada! Osservate molto lentamente cosa obbliga la vostra mano a posizioni scomode e cercate di studiare il passaggio nel modo che vi sembra più congeniale.
Poi ripetete, ripetete e ripetete per renderlo naturale e legatelo al contesto reinserendolo alla frase di appartenenza.
E’ spiegato tutto nel dettaglio all’interno dell’articolo sopra citato.
Un altro metodo per studiare i passaggi difficili è la “caduta”
Cos’è la caduta? Forse alcuni di voi ne hanno sentito parlare, altri no!
Per “caduta” si intende lasciare liberamente cadere il nostro braccio sulla tastiera esclusivamente per mezzo della forza di gravità.
Suonare molto lentamente le note che costituiscono un passaggio difficile per mezzo della “caduta” permette al pianista di rilassare l’intero braccio e rinforzare le dita su quello specifico passaggio, studiandolo così in tempi molto ridotti.
La libera caduta esige che il nostro braccio sia del tutto rilassato e per questo motivo un tale esercizio acquisisce un’importanza fondamentale.
Le cadute possono avvenire con tutto il braccio, con l’avambraccio o con la sola mano sfruttando rispettivamente le articolazioni della spalla, del gomito e del polso.
Ma di questo parlo in modo più approfondito nell’articolo “Come studiare i passaggi difficili con le cadute?”.
Il peso della leva utilizzata (braccio, avambraccio o mano), cadendo, viene liberamente scaricato sul dito che è a sua volta obbligato a resistere imprimendo una forza di verso contrario al fine di non lasciarsi schiacciare. Ulteriore vantaggio della tecnica appena citata riguarda i muscoli delle singole dita, costretti a svilupparsi ed essere sempre più forti.
La “caduta”, quindi, ha una doppia funzione la quale conferisce ottimi risultati in breve tempo: rinforzare le dita e rilassare i muscoli del braccio, dell’avambraccio e della mano.
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Rimanere sempre rilassati
Un’altra causa dell’ansia da palcoscenico e della paura di esibirsi in pubblico è l’irrigidimento muscolare.
Sicuramente vi sarà capitato di sentirvi dire dal vostro maestro: “Sei rigido! Rilassa i muscoli! Abbassa le spalle!”
Ogni volta che ci troviamo davanti ad un compito che noi percepiamo essere oltre le nostre capacità, percepiamo un disagio che somatizziamo all’istante irrigidendo i nostri muscoli.
Niente di più fatale durante un’esecuzione dal vivo.
Infatti, sollevando le nostre spalle non permetteremo al braccio di essere rilassato; allorchè anche l’avambraccio sarà teso; allo stesso modo i tendini della mano e della dita che passano attraverso il polso saranno schiacciati e tesi con il finale risultato della totale perdita dell’agilità delle dita.
Chiedo venia per aver presentato uno scenario così brutale. Purtroppo è ciò che avviene! L’ho sperimentato sulla mia pelle.
Quando si è rigidi si è concretamente impossibilitati ad eseguire passaggi tecnici di agilità. Ci si può salvare se si esegue un tempo adagio o andante, ma non un vivace o un passaggio virtuosistico.
Le soluzioni a questo problema sono molte. Ho approfondito questo argomento nell’articolo “Rilassamento muscolare? Tre consigli pratici del didatta russo Neuhaus”.
Il rilassamento si acquisisce per mezzo di diverse tecniche.
Innanzitutto il pianista deve ricercare continuamente il rilassamento muscolare, cioè deve tenere a mente che è un aspetto importante tanto quanto la correzione ritmica o la pulizia del suono. Come si fa attenzione ad eseguire il repertorio nella maniera più magistrale possibile, allo stesso modo bisognerebbe fare attenzione al rilassamento del nostro corpo.
Il rilassamento è una sensazione fisica che si ottiene e si percepisce negli anni; più la si cerca e più la si percepisce. E’ una sensazione piacevole che conferisce comodità all’esecuzione e quiete alla mente.
Posso accennare ad una tecnica di rilassamento che si rifà al movimento delle braccia sulla base del fraseggio richiesto dal brano.
Gli arti superiori (a volte tutto il corpo) dovrebbero muoversi a ritmo, assecondare il fraseggio, danzare con la musica. E’ un concetto molto complesso da illustrare in poche righe: ne ho parlato più approfonditamente nell’articolo sul rilassamento muscolare citato di sopra.
La “caduta” è anche un metodo utile al rilassamento poichè costringe il braccio a cadere liberamente, esclusivamente per mezzo della forza di gravità. Non si possono effettuare le cadute essendo rigidi!
Come accennato poco fa, ci irrigidiamo quando siamo consapevoli che un compito è superiore alle nostre capacità. Ciò vuol dire che, ahimè, non siamo ancora del tutto pronti, che il repertorio non è abbastanza maturo e che, forse, dobbiamo ancora studiare alcuni passaggi tecnici che ci risultano scomodi, causando un principio di irrigidimento muscolare.
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La memorizzazione di un brano
Come sapete la memorizzazione di un brano è una fase che spaventa tutti i musicisti, non per il processo in sé bensì per il timore che quest’ultima venga meno durante un’esecuzione dal vivo.
Tutto ciò è normale! Ho visto coi miei occhi grandi musicisti essere vittime di vuoti di memoria pochi minuti prima di un concerto ed essere costretti a riprendere la parte e ripassare alcune note. Vi è mai capitato? A me si! In poche circostanze mi è successo di non ricordare esattamente tutte le note delle prime righe di un brano. Credo sia l’ansia di incappare in un vuoto di memoria a causare quest’insicurezza.
Cerchiamo allora di capire e valutare in che modo possiamo ridurre al minimo questa spiacevole sensazione preparandoci al 150%.
Vediamo come.
Esporrò prima le tecniche di memorizzazione più comuni ed esposte largamente nei trattati pianistici e, di seguito, ulteriori metodi che si rivelano tuttora utili nella mie esecuzioni pubbliche.
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Memoria uditiva
La memoria uditiva permette al musicista di immaginare le note prima di suonarle.
Permette all’artista di pensare le melodie nella mente, di ascoltarle dentro di sé ancor prima che queste vengano eseguite.
La memoria uditiva è quella che rende possibile a qualunque non-musicista di canticchiare un motivetto già sentito in passato o la melodia di un brano passato in radio.
E’ basata sulla capacità di ascoltare ed è sviluppata soprattutto da chi possiede una grande sensibilità alla musica ed è stato abituato sin da piccolo a cercare la volontà del compositore.
Non sono pochi i casi di musicisti con buone doti improvvisative capaci, senza troppi sforzi e in poco tempo, di eseguire un brano melodico e poco virtuosistico grazie ed esclusivamente alla memoria uditiva.
Attenzione: se adoperata da sola può tradire!
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Memoria visiva
Per mezzo della memoria visiva possiamo richiamare alla mente la pagina scritta dello spartito, così come altri aspetti dell’esecuzione.
La memoria visiva effettua migliaia di fotografie della partitura le quali ci permettono di ricordare la distribuzione e la posizione dei pentagrammi, delle note, e dei nostri appunti sul rigo musicale.
Infatti quando studiamo un nuovo brano, in realtà non facciamo altro che memorizzare le note che compongono un passaggio. Come potete immaginare, non avremmo il tempo di leggere tutte le note durante un’esecuzione; ci limitiamo a dare una rapida “sbirciata” alla parte e ne seguiamo l’andamento senza essere costretti a focalizzare la nostra attenzione su tutti gli elementi della notazione musicale.
Grazie alla memoria visiva il musicista segue l’andamento del brano tralasciando tutto ciò che ha già memorizzato e soffermandosi sugli elementi di maggiore importanza o su quelli che ancora non ricorda.
Ecco perché, dopo alcune settimane di studio dello stesso brano, appuntiamo nuovi promemoria sulla parte con un colore rosso o blu che risalti rispetto al resto.
La memoria visiva, infine, ci suggerisce attimo dopo attimo la posizione esatta della nostra mani sulla tastiera.
Attenzione: è rischioso adoperare la memoria visiva da sola; consiglio vivamente che venga supportata dalle altre tipologia di memorizzazione.
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Memoria cinestetica
La memoria cinestetica (o digitale) ci permette di suonare in modo automatico i passaggi complessi.
Essa si basa sulla ripetizione degli stessi movimenti: abbiamo imparato a scendere le scale poiché lo abbiamo fatto migliaia di volte quando eravamo piccolini, abbiamo imparato ad andare in bicicletta provando e riprovando finchè il nostro corpo non ha memorizzato la successione esatta dei movimenti.
Una volta trovato il movimento della mano corretto, la ripetizione garantisce che il gesto appena citato diventi automatico senza ulteriori sforzi.
I muscoli hanno memorizzato per noi il movimento corretto, hanno memorizzato il gesto esatto che permettono al pianista di eseguire un passaggio tecnico correttamente.
Come dicevo pocanzi, la memoria cinestetica si basa sulla ripetizione e quindi richiede molto studio nel modo corretto.
Attenzione: se ripetiamo diverse volte un passaggio nel modo scorretto perfezioneremo l’errore.
Senza la memoria cinestetica, ogni giorno non potremmo ricordare come si esegue un brano e, paradossalmente, in mancanza di essa non potremmo fare progressi tecnici nello studio del nostro strumento.
Questa è spesso la memoria più usata dai musicisti in modo inconsapevole. Più si studia e si prova un brano e più essa si sviluppa.
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Memoria analitica
E’ quella che Matthay, Gieseking e Leimer chiamano memoria intelligente. La memoria analitica si fonda sulla profonda conoscenza della partitura e della struttura musicale in ogni suo dettaglio.
In molti considerano la memoria uditiva, visiva e digitale come secondarie rispetto alla memoria analitica.
Attraverso l’applicazione di conoscenze teoriche di livello avanzato i musicisti possono risalire alle tecniche compositive del brano, alle successioni armoniche che lo compongono e al senso dei dettagli fraseologici e musicali.
Tutto ciò conferisce allo studente una conoscenza approfondita del repertorio che in molti casi si traduce in un vero e proprio processo di memorizzazione logico e stabile.
Attenzione: la memoria analitica non basta da sola, bensì si aggiunge a tutte le altre tipologie di memorizzazione esposte in questo paragrafo.
Per saperne di più sulle principali tecniche di memorizzazione leggete l’articolo “Tipi di memoria musicale e tecniche di memorizzazione”.
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Memorizzare compitando
“[…] L’alternativa allo studio preventivo a memoria, e molto, moltissimo più praticata, è l’esecuzione che definirei “compitata“, lentissima e nota per nota“
Ecco come Rattalino definisce la memorizzazione ”compitando”. Si tratta di suonare il brano da capo a fondo molto lentamente, curando tutti i dettagli e senza farsi scappare nemmeno un errore.
Questa tecnica dovrebbe avvenire per mezzo dell’azione delle sole dita, quindi rilassando il più possibile il braccio e la mano. Prendete i suoni con l’ultima parte delle dita, con i polpastrelli e portate fino in fondo tutti i tasti.
Tutto ciò vi regalerà una piacevole sensazione di sicurezza e massimo controllo.
Osservate le vostre dita e “ascoltate” i tasti sotto di esse.
Per esecuzione “compitata” si intende, quindi, esecuzione lentissima, sillabata nota per nota, declamando ogni suono e assicurandosi di possedere il massimo controllo del brano.
Consiglio vivamente di provare diverse volte questa modalità di esecuzione pochi giorni prima di un’esecuzione e, come riscaldamento, prima di esibirvi.
Per saperne di più sulla memorizzazione “compitata” leggete l’articolo “Sapevi che puoi memorizzare compitando? La memoria in musica“.
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Memorizza dei check-point
Un altro esercizio mnemonico è quello di stabilire e memorizzare dei check-point all’interno del pezzo.
Tutti siamo in grado di iniziare l’esecuzione di un brano dal suo inizio, da una nuova sezione, da un secondo tema. Ma quanti di noi riescono a riprendere un’esecuzione da un qualsiasi punto del brano?
Sarebbe molto utile essere in grado di riprendere il brano ogni due o quattro battute stabilendo dei “check-point”: qualunque cosa succeda sappiamo di poter riprendere da uno di questi punti prefissati.
Infatti, spesso nei momenti di vuoto totale sul palco (spero non vi capiti mai, ma può succedere), potrebbe non esserci il tempo di risalire allo studio d’analisi effettuato al fine di memorizzare il pezzo, e quindi riprendere l’esecuzione. Tutto si compie in millesimi di secondi!
Un consiglio è quello di avere dei check-point all’interno del brano, punti dai quali potete sempre riprendere a suonare. Più check-point fissate, più sono vicini tra loro, e più è probabile che il pubblico non si accorga del vuoto di memoria.
Troverete alcuni approfondimenti sulle tecniche di memorizzazione suddette e su altre ancora nell’articolo “Ansia da vuoto di memoria? 5 Consigli pratici su come affrontarla“.
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La ripetizione
In questo paragrafo vi parlerò di una tecnica di cui usufruiscono già molti musicisti, in maniera più o meno consapevole.
Come dicevo all’inizio di questo articolo una delle cause principali dell’ansia da palcoscenico e del timore di suonare in pubblico consiste nel fatto che spesso viene tralasciato lo studio della performance.
In altre parole, si investe il 99% del tempo nella lettura, nel montaggio e nel perfezionamento del repertorio e il restante 1% alla performance. Non fraintendetemi! Intendo dire che spesso si studia il brano nel dettaglio per ore e, se alla fine di una seduta di studio restano ancora tempo ed energie in corpo, si lavora la performance.
Peccato che, se l’esecuzione non è stata preparata e studiata in anticipo, a causa del timore di sbagliare, durante una pubblica esibizione, possono venir meno molti dettagli musicali per i quali si era investita la maggior parte del nostro studio.
Allora cosa fare?
Studiare la performance vuol dire testare, simulare l’esibizione in pubblico.
In molti organizzano simulazioni d’esame o di concerto prima di un appuntamento artistico, tuttavia questi potrebbero non bastare poiché rimarrebbero dei casi unici ed isolati.
Mi è stato insegnato che le simulazioni hanno senso se ne effettuiamo in gran numero.
Se il repertorio è stato studiato a fondo e l’esecuzione pubblica si sta avvicinando, potrebbe essere conveniente riadattare leggermente il metodo di studio focalizzando maggiormente l’attenzione sulla nostra performance, risultato finale dei nostri studi.
Possiamo aver studiato un brano per mesi, ma se non ci curiamo di come quest’ultimo verrà eseguito potrebbe succedere che l’ansia e il timore di sbagliare ci rubino l’occasione di dare il meglio di noi stessi!
Sarebbe un peccato!
Prima di un concerto, allora, eseguite il vostro repertorio decine di volte!
Lo dico seriamente! Rimasi attonito quando mi venne insegnato questo. Se dobbiamo eseguire un brano di breve durata, potremmo simulare la performance anche 40/50 volte al giorno. Se dobbiamo invece preparare un recital di un’ora, allora possiamo accontentarci di suonarlo da capo a fondo senza interruzione tre o quattro volte.
Nel tempo rimasto risolveremo i difetti riscontrati. Infine, potremo serenamente andare a dormire e, una volta risvegliati, riprendere le esecuzioni!
In pratica più esecuzioni effettuiamo e più ci sentiremo sicuri di fronte al pubblico.
Allora, a partire dai 15/20 giorni circa prima di un concerto, provate ad effettuare 10-20-30 (dipende dalla durata) esecuzioni del repertorio al giorno.
Ma perchè ripetere? Che senso ha tutto questo? Non ha senso ripetere inconsapevolmente come macchine!
Invece, mi è stato insegnato il contrario e ne ho sperimentato l’efficacia sulla mia pelle.
Io, personalmente, vi parlo di questo perché sono sempre stato fortemente soggetto all’ansia di suonare in pubblico. Ero capace di distruggere il lavoro effettuato per mesi a causa della paura di commettere qualche errore pubblicamente.
Su di me (che ero un caso irrecuperabile) ha funzionato ed ha avuto sin da subito risultati incredibili e inaspettati! Grazie a questa tecnica, sono riuscito a suonare anche davanti a mille spettatori e mantenere il controllo di ogni nota. Incredibile per il sottoscritto!
L’ansia non andrà via! Vi accompagnerà sempre. In alcuni, suonando spesso in pubblico, pian piano si affievolirà, ma sarà ugualmente presente.
Quindi ciò che farà la differenza, sarà la capacità di sovrastarla per mezzo di una sicurezza e solidità maggiori.
Le ripetizioni sviluppano moltissimo la memoria cinestetica, quella digitale, meccanica.
Infatti, riflettete un attimo! In caso di panico davanti al pubblico, cos’è che ci abbandona per primo? La mente!
E se noi basiamo tutti i nostri studi mnemonici e tecnici sull’analisi del brano e sulla ricerca del suono perfetto come potremmo proseguire?
Dovremo attendere di riottenere lucidità mentale, analizzare la circostanza e riprendere a suonare. Risultato? Saranno trascorsi già troppi secondi e il pubblico se ne sarà già accorto con conseguente frustrazione del pianista.
Al contrario, ripetendo e sviluppando ai massimi livelli la memoria cinestetica (ovviamente questa tecnica non vale da sola, ma si aggiunge alle altre) le nostre dita andranno avanti da sole anche in caso di panico.
La memoria muscolare sarà la nostra salvezza. Sarà come scendere le scale mentre pensi al pranzo del giorno dopo: i muscoli delle gambe sanno come tendersi e distendersi automaticamente anche se stai pensando ad altro, perchè hanno effettuato quel movimento migliaia di volte. Magari potessimo eseguire il nostro repertorio migliaia di volte!
Attenzione però! Tutto ciò non deve avvenire inconsapevolmente con la testa altrove. La mente è sempre la centrale di comando di tutto, non possiamo delegare il nostro successo ai muscoli.
Quindi rimanete sempre concentrati ad ogni esecuzione che effettuate nella vostra stanzetta o aula di conservatorio come se foste davanti al pubblico, come se quell’esibizione fosse l’unica vostra chance.
La prima esecuzione deve essere perfetta! La seconda meglio della prima, la terza meglio della seconda, e così via! L’ultima dovrebbe essere la migliore di tutte.
Non delegate tutto alla ripetizione, ma eseguite sempre con la massima concentrazione e musicalità cercando di migliorare i difetti dell’esecuzione precedente.
Non fermatevi mai! Non fatevi distrarre, spegnete il telefono. Chiudetevi a chiave dentro alla vostra aula.
Tra un’esecuzione e la successiva, appuntate su un foglio i punti nei quali avete commesso un errore. Poi riprendete subito l’esecuzione successiva. Alla fine avrete davanti agli occhi i passaggi che meritano di essere ancora studiati, i punti in cui la memoria vi inganna più frequentemente.
Non credete che se sarete stanchissimi non ha più senso continuare ad eseguire, poiché le condizioni in cui ci si trova quando ci si esibisce in pubblico non sono mai ottimali. Anzi, spesso si è viaggiato per molte ore, non ci si è potuti riscaldare o si è già stanchi dalla giornata trascorsa.
Consiglio di eseguire il repertorio sempre un pelino più lento, in modo da controllare che tutto sia corretto. Ogni due/tre esecuzioni soffermatevi sui passaggi che regolarmente risultano sporchi. Poi riprendete.
Potete chiedere ai vostri colleghi, amici o familiari di ascoltarvi.
Se volete approfondire questo argomento leggete l’articolo “La ripetizione è madre dello studio! Vero o falso? L’opinione di Neuhaus”.
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Ascoltate il vostro corpo quando eseguite
Non dimenticatevi di ascoltare il vostro corpo quando eseguite. Mi riferisco principalmente ai muscoli.
Come detto prima l’irrigidimento muscolare è il primo nemico del musicista. Se irrigidiamo, ad esempio, le spalle, anche le braccia, le mani e le dita risulteranno essere rigidi con una conseguente perdita dell’agilità.
In genere ci si irrigidisce in prossimità dei passaggi più difficili.
Allora, durante le esecuzioni ascoltate i vostri muscoli. Chiedetevi sempre dove tendono ad irrigidirsi e trovate dei punti dove rilassare braccio e polso.
Può risultare molto utile rilassare il braccio subito prima dei passaggi difficili, durante e dopo. Insomma siate rilassati, altrimenti è difficile arrivare fino in fondo. E’ necessario ricordarsi costantemente di questo aspetto. Non è secondario, anzi, ha il potere di compromettere l’intera esibizione.
Come in una maratona, non si può dare il 100% sin dalle prime battute. Risparmiate le vostre energie, mantenetevi sempre calmi e un po’ al di sotto del massimo. Respirate e pensate un tempo più lento.
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Durante la performance siate artisti
Durante l’esibizione non pensate ad altro che all’esecuzione stessa. Non fatevi distrarre da nulla, principalmente dalla paura di sbagliare. Non rilassatevi troppo, mantenendo sempre un pò di tensione anche dove vi sentite più sicuri.
Se pensate di sbagliare sbaglierete.
Avete studiato, avete fatto il vostro dovere.
Adesso è il momento di fare musica e di godere di ogni suono, meravigliandovi come un neonato di fronte a un campanellino. Lo dico seriamente e senza vergogna, lasciatevi sorprendere, ascoltatevi come se fosse la prima volta che ascoltate il brano che state eseguendo.
Pensate solo alla musica e trasmettete al pubblico il 100% di ciò che vi emoziona dentro di voi.
Parlo più approfonditamente di questo nell’articolo “Come emozionare il pubblico quando suoni?“; leggetelo se vi va!
Parlate con chi vi sta ascoltando. Dialogate con loro e donatevi totalmente affinchè non si annoino e non si pentano di essere venuti ad ascoltarvi.
L’obiettivo dell’artista, dopo tutto, non è (come in questi tempi si insegna nei conservatori) suonare tutto giusto senza sbagliare o senza avere nemmeno un millesimale vuoto di memoria, bensì quello di commuovere il pubblico e farlo uscire dalla sala concerti diverso da come ci è entrato.
Raccontate voi stessi: siate tristi se suonate un brano triste, siate gioiosi se suonate un brano vivace, siate regali se suonate un brano maestoso, siate innamorati se suonate un brano romantico.
Nicolò De Maria
Spero che questo articolo vi sia tornato utile. E’ il frutto dei miei modesti studi e di alcune letture personali. Non è richiesto di essere d’accordo con l’intero contenuto dell’articolo. Bensì, si accettano critiche e commenti costruttivi.
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