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Il pianista e la paura del pubblico

Come prepararsi alla performance e prevenire i vuoti di memoria

Il libro Il pianista e la paura del pubblicoè una raccolta e un approfondimento degli articoli più letti dagli utenti. Se vuoi approfondire questo articolo e gli argomenti principali di questo sito, quali l’ansia da palcoscenico, la paura di suonare in pubblico, le tecniche di memorizzazione musicale, la sicurezza in se stessi e la solidità tecnica clicca qui sotto.

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Lo studio individuale influenza la gran parte dei nostri risultati. Studiare al pianoforte senza voglia o nel modo scorretto potrebbe portarci ad effetti negativi, a cattive abitudini difficili da correggere.

Quindi sapere esattamente qual è l’obiettivo specifico del nostro studio e, ancor di più, sapere esattamente come raggiungerlo, sono domande alle quali dobbiamo saper rispondere senza tentennamenti.

Come studiare al pianoforte? Come affrontare lo studio individuale?

In alcuni casi possono essere necessari anni affinché ognuno di noi comprenda come studiare al pianoforte e trovi il metodo di studio più efficace.

Per questo motivo, voglio elencare qui sotto alcuni consigli pratici che il celebre pianista e didatta di origini polacche Josef Hofmann ha dato ai suoi studenti. Nel libro “Piano Playing with piano questions answered”, Hofmann ha raccolto le principali Q&A tratte dalle lezioni di piano con i suoi allievi.

Riguardano un largo numero di aspetti pianistici e sono raccolti nel suo libro catalogati per categorie. Vi consiglio di leggerlo.

 

 

Voglio condividere con voi 7 tra le Q&A raccolte nel capitolo sullo studio individuale.

E’ stato veramente difficile selezionarle, tuttavia in questo articolo vi riporto quelle più pratiche e che, sin da domani, potrebbero migliorare il vostro approccio con lo strumento.

Allora iniziamo con l’elenco dei 7 consigli pratici su come studiare al pianoforte di Josef Hofmann.

1. Con cosa dovrei iniziare al mattino lo studio del pianoforte?

Hofmann consiglia di iniziare con la tecnica eseguendo le scale in tutte le tonalità “each at least twice well rendered”  (ognuna minimo due volte ed eseguite correttamente).

Consiglia di iniziare prima lentamente e poi gradualmente poco più veloce, ma mai ad una velocità troppo elevata la quale non ci premetterebbe di controllare che entrambe le mani siano perfettamente insieme.

Successivamente Hofmann consiglia di eseguire le ottave di polso, quindi con piccole cadute della mano sulla tastiera utilizzando l’articolazione del polso. Lentamente e senza irrigidire mai il braccio. Attenzione a non sollevare la mano oltre l’altezza necessaria.

Passare quindi agli studi tecnici classici (Czerny o Cramer) ed infine, in ordine, Bach, Mozart, Beethoven, Chopin e così via.

Il didatta polacco propone, if you have time, di eseguire tutti gli esercizi tecnici durante la prima ora di studio al mattino, e, durante la seconda ora, di studiare tutti i passaggi tecnici più complicati del repertorio che stiamo studiando.

Nel pomeriggio, un’altra ora dovrà essere dedicata all’interpretazione musicale di ciò che abbiamo studiato al mattino solo tecnicamente.

2. Quanto tempo devo studiare al pianoforte gli esercizi puramente tecnici?

Il lavoro puramente tecnico e digitale alla tastiera senza la partecipazione della mente e del cuore non andrebbe mai effettuato. Questa è la regola generale.

Se lo si fa, lo si faccia per il più breve tempo possibile perché potrebbe spegnere (“kill” nel testo originale) lo spirito musicale dell’esecuzione.

Lo studio della tecnica pura, in linea di massima, andrebbe effettuato per circa un quarto dell’intera giornata di studio allo strumento.

Come detto, nel caso in cui studiaste tre ore al giorno, Hofmann consiglia di studiare due ore al mattino e una al pomeriggio poiché la mattina rimane il tempo migliore per lavorare.

Permette di sfruttare la lucidità e la freschezza mentale delle prime ore del giorno (si intende le 8/9, massimo le 10 del mattino).

Fare delle pause è ritenuto anche molto utile dal didatta polacco, purchè siano brevi.

Una pausa troppo lunga interromperebbe la concentrazione e il contatto con il piano, condizioni che richiederebbero fin troppo tempo per essere ristabilite.

3. Migliorerò più velocemente se studio otto ore invece di quattro?

Studiare al pianoforte per troppo tempo nell’arco della stessa giornata in genere produce effetti negativi, poiché il lavoro alla strumento risulta proficuo se viene effettuato con la massima concentrazione la quale può essere mantenuta per una durata limitata.

Infatti dipende dalla capacità di ognuno di rimanere concentrati. Alcuni riescono a rimanere concentrati per 40 minuti e altri per diverse ore, dipende anche da quanto intensa e focalizzata è la nostra concentrazione.

Rimanere molto concentrati per molto tempo senza dubbio è molto raro. Continuare a studiare al pianoforte quando siamo esausti, dice Hofmann, è come “unrolling a scroll which we have laboriously rolled up” (srotolare una pergamena che abbiamo arrotolato con tanta fatica).

Ad ogni modo, quando un pianista studia con molta attenzione, concentrazione e devozione, sa quanto inutile sia qualunque domanda in merito a quanto tempo ci si debba esercitare al pianoforte.

4. E’ corretto contare ad alta voce mentre si suona?

Hofmann ritiene che contare ad alta voce mentre si suona difficilmente può risultare dannoso, specialmente se stiamo cercando di correggere il tempo e il ritmo.

Infatti, una volta corretti gli errori tecnici e ritmici, il conteggio ad alta voce può essere gradualmente abbandonato. Contare durante lo studio può essere uno strumento di inestimabile valore poiché è capace di rafforzare e sviluppare il senso del ritmo in un musicista più di qualunque altra cosa.

5. Si deve studiare un brano lontano dal pianoforte?

Hofmann propone quattro diversi modi di studiare una composizione:

  • Al pianoforte con lo spartito;
  • Lontano dal pianoforte con lo spartito;
  • Al pianoforte senza spartito;
  • Lontano dal pianoforte senza spartito.

Senza dubbio la seconda e la quarta opzione sono le più faticose ed ardue per la mente, tuttavia sono la migliore strategia per imparare un brano a memoria e per comprenderne profondamente lo “scopo”. Quest’ultimo è un compito di grande importanza.

6. E’ rischioso utilizzare il metronomo?

In molti ritengono che il metronomo sia uno strumento pericoloso. In effetti, in molti casi lo può essere, soprattutto se utilizzato con allievi tendenti ad essere rigidi muscolarmente e a suonare meccanicamente, senz’anima.

Hofmann ritiene che non si debba quasi mai suonare con il metronomo poiché opprime il senso musicale e ritmico dell’allievo e sopprime la naturale espressività dell’esecuzione.

Il metronomo andrebbe utilizzato come strumento di controllo della velocità: primariamente per trovare la velocità d’esecuzione approssimativa di un pezzo e, secondariamente dopo aver eseguito l’intero brano, per accertarsi che si è riusciti a rimanere nel tempo desiderato.

7. Posso concedermi dei periodi di vacanza dallo studio durante l’anno?

Se abbiamo lavorato bene durante tutto l’anno, un breve periodo di riposo (anche fino ad un mese di break) può risultare vantaggioso.

Una pausa dallo studio rinnova le nostra forze fisiche e mentali e stimola l’amore per il nostro lavoro quotidiano.

Probabilmente ci si sentirà di star perdendo molto tempo, tuttavia, una volta ripresi gli studi, sarà possibile sperimentare di aver fatto un grande salto in avanti e che la qualità dello studio individuale dopo aver riposato è nettamente superiore al periodo precedente al break.

In una condizione di stanchezza mentale e fisica noi tendiamo a creare delle abitudini scorrette, che portiamo avanti e fissiamo nel tempo.

Dobbiamo fare quindi molta attenzione a quelle fasi di studio durante le quali non ci sentiamo in forma, poiché la persistenza e la tenacia di protrarre lo studio non può mai trasformare una cattiva abitudine in virtù.

Ecco i 7 consigli pratici di Hofmann che vi ho voluto riportare. Ognuno di noi sa quali può applicare sin da subito e quali invece non fanno al caso suo.

Vi consiglio comunque di leggere il libro cliccando sull’immagine in mezzo all’articolo.

 

 

                                                                                                                                 Nicolò De Maria

 

Bibliografia:

Hofmann, J. (1976). Piano Playing with Piano Questions Answered. New York: Dover Publications.

Spero che questo articolo vi sia tornato utile. E’ il frutto dei miei modesti studi e di alcune letture personali. Non è richiesto di essere d’accordo con l’intero contenuto dell’articolo. Bensì, si accettano critiche e commenti costruttivi.

 

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Vorrei condividere con voi alcuni consigli sugli studi per pianoforte e, allora, eccoci ancora una volta a trarre vantaggio dalle lezioni del celebre pianista e didatta polacco Josef Hofmann.

Come già detto nel precedente articolo 7 Consigli pratici sullo studio individuale al pianoforte. Josef Hofmann il maestro appena citato ha inserito nel libro “Piano Playing with Questions Answered” diversi capitoli organizzati per categoria nei quali risponde alle domande dei suoi allievi. Parla molto di esercizi e studi per pianoforte relativi ai diversi livelli.

E’ molto interessante leggere questo testo perché, a differenza di altri, è molto pratico e concreto. Ve ne consiglio la lettura.

Sono centinaia le domande interessanti alle quali Hofmann risponde. Io ho provato a selezionarne 7 riguardanti un aspetto molto concreto: esercizi e studi per pianoforte da assegnare ai propri allievi.

Allora iniziamo subito con le 7 Q&A, spero vi tornino utili.

1. Esiste un libro specifico di esercizi tecnici che Hofmann consiglia per un allievo principiante?

Hofmann ritiene che purtroppo non esiste un libro di tecnica che può essere consigliato a tutti e che può essere adatto a qualunque necessità.

Infatti gli esercizi di tecnica pura sono sempre molto mirati e, quindi, hanno come obiettivo quello di risolvere una determinata difficoltà o imprecisione. Esistono esercizi di ogni tipo e sono tutti molto specifici.

Ciò che più della scelta dell’esercizio o del libro di tecnica importa veramente è la comprensione profonda della tipologia di necessità che il nostro allievo presenta.

Una volta compresa la lacuna tecnica, allora potremo noi stessi scegliere l’esercizio adatto. Non è detto che quest’ultimo debba essere inserito in una raccolta. Infatti, il maestro stesso può in alcuni casi indicare alcuni esercizi specifici e mirati a colmare la lacuna tecnica del proprio allievo.

2. Che tipo di esercizi Hofmann consiglia per allenare esclusivamente le dita?

Nel caso delle dita, ma anche qui le circostanze possono variare, Hofmann consiglia gli esercizi di Pischna.

Questa raccolta è rivolta a studenti di livello intermedio o avanzato. Ritengo utile ricordare che molti esercizi della raccolta costringono la mano a posizioni innaturali e in alcuni casi molto scomode.

L’autore stesso indica che vengano suonati lentamente. Si faccia molta attenzione affinché il nostro allievo tenga totalmente rilassati l’avambraccio, il polso e la mano, cercando, per quanto possibile, di eseguire l’esercizio esclusivamente con la tensione e lo scatto del singolo dito.

 3. Gli studi per pianoforte di Heller possono essere utili ad uno studente che ha lacune di ritmo ed espressione?

In questo caso Hofmann ritiene utile l’utilizzo dei “24 Studi per il Ritmo e l’Espressione” di Heller.

Aggiunge, tuttavia, che l’insegnante insista molto sulla precisione dell’esecuzione degli stessi. Cioè, sono utili a sviluppare il ritmo e l’espressione solo se l’allievo esegue esattamente ciò che è indicato nella partitura.

 4. Quali studi per pianoforte si possono proporre agli allievi di livello intermedio e che non possono ancora affrontare gli studi di Chopin?

Una volta conclusi gli studi di buona parte delle raccolte di Cramer, Czerny, Clementi e Moscheles, Hofmann propone le seguenti raccolte:

  • “20 Etudes for Technique and Expression” di Edmund Neupert;
  • “Concert Etudes” di Hans Seeling;
  • “Etudes” di Carl Baermann;
  • “Etudes” di Ruthardt.

A conclusione dell’elenco delle raccolte sopracitate Hofmann consiglia ugualmente di far tentare la lettura di uno degli studi più facili di Chopin.

5. Quali studi per pianoforte Hofmann assegnerebbe ad uno studente di livello avanzato?

Gli studi di Chopin sono adatti a qualunque studente di livello avanzato o superiore e dovrebbe accompagnare il pianista anche successivamente agli anni di formazione.

Hofmann ritiene, inoltre, che le competenze meccaniche e tecniche di un pianista possono essere sviluppate con grandi risultati direttamente sui pezzi di repertorio e non esclusivamente sugli studi tecnici.

 6. Come fare eseguire ai nostri allievi le poliritmie?

Ad esempio, nel caso della Fantasia Improptu di Chopin, come fare esercitare il nostro allievo affinchè riesca ad eseguire correttamente la sovrapposizione poliritmica del 4 contro 3?

Hofmann ritiene che, in alcuni casi e ad un tempo di metronomo molto lento, si possa ricorrere alla suddivisione esatta della durata di ogni nota tentando di incastrare i due ritmi nel migliore dei modi.

Tuttavia, il didatta polacco, propone un metodo diverso: eseguire i due ritmi a mani separate finché non si acquisisce la massima comodità nel suonarli, prima l’uno e poi l’altro. Il passo successivo è quello di provare ad unire le mani senza pensare al ritmo né della sinistra né della destra, semplicemente concentrandosi sul punto in cui i due ritmi si incontrano, il resto dovrebbe essere eseguito liberamente e  senza accenti.

 

Nicolò De Maria

 

Bibliografia:

Hofmann, J. (1976). Piano Playing with Piano Questions Answered. New York: Dover Publications.

Spero che questo articolo vi sia tornato utile. E’ il frutto dei miei modesti studi e di alcune letture personali. Non è richiesto di essere d’accordo con l’intero contenuto dell’articolo. Bensì, si accettano critiche e commenti costruttivi.

 

Come fraseggiare al pianoforte?

Cos’è il fraseggio?  Dove nasce e finisce una frase? Come riconoscere un punto culminante?

Saper fraseggiare è veramente un’arte. Non c’è nulla di scontato e solo l’esperienza e il buon gusto potranno aiutarci a comprenderne a fondo il “know how”.

L’artista sa che la frase musicale ha un’anima e questa diventa tale nel momento in cui riesce nell’obiettivo di darle vita. In caso contrario le note resterebbero una mera accozzaglia di macchie nere sparse tra linee orizzontali.

In questo possiamo farci aiutare dal celebre pianista e didatta polacco Josef Hofmann il quale, nel suo libro “Piano Playing with Questions Answered” risponde a moltissime domande rivoltegli dai suoi allievi durante le lezioni.

Vediamo allora come Hofmann può esserci di aiuto e iniziamo con le 3 Q&A sul fraseggio.

  1. Come Hofmann definisce il fraseggio? E che tipo di consigli pratici può dare ai pianisti su come fraseggiare?

Hofmann ritiene che il fraseggio sia, in primo luogo, una razionale divisione e suddivisione delle frasi musicali, e serve a rendere il discorso musicale intellegibile. Corrisponde alla punteggiatura nella letteratura e nella recitazione.

Ciò che più importa sapere è che il fraseggio serve a rendere intellegibile, comprensibile il discorso musicale. Comprensibile a chi? Ovviamente a chi ci ascolta! E come fa ad essere chiaro a chi ci ascolta se non lo è a chi esegue il brano?

Hofmann propone di iniziare la ricerca in merito alla comprensione di una frase cercandone l’inizio, la fine e il punto culminante.

Quest’ultimo in genere si trova sulla nota più alta della frase, o approssimativamente al centro della frase: sarà il vostro orecchio a darvi la certezza di dove si trova il punto culminante. L’inizio e la fine di una frase in genere si riconoscono grazie ad una legatura che spesso abbraccia l’intera frase.

Quindi una frase nasce, cresce, raggiunge un punto culminante, decresce e muore. Questa struttura la troviamo quasi in tutte le frasi musicali e dovrebbe essere molto chiara sia a chi suona che a chi ascolta.

Ciò che è richiesto all’artista è di dar vita alla frase e di assecondarne l’andamento. Infatti, quando ci dirigiamo verso un punto culminante la tensione aumenta, cresce fino ad arrivare al punto massimo dove esplode, per poi risolvere decrescendo e scemando gradualmente.

Purtroppo è molto più facile a dirsi che a farsi. Infatti raggiungere il punto culminante non vuol dire soltanto crescere dinamicamente come molti credono (anzi spesso risulta scorretto). Esprimere la direzione verso il climax richiede che l’esecutare abbia compreso il senso del brano e in quel caso della singola frase.

L’artista deve sentire che la tensione della musica cresce anche dentro di sè.

Il risultato deve essere autentico, naturale ed esprimere il mood della composizione. Ci può aiutare il nostro orecchio e la nostra sensibilità di artista.

  1. Come eseguire un rubato mantenendo integro il fraseggio della frase musicale?

In breve, Hofmann dice di restituire ciò che è stato rubato. Credo che in queste parole sia racchiuso il senso di questa variazione temporanea di tempo.

Puoi approfondire questo aspetto specifico leggendo l’articolo Se “rubi” devi restituire.

Concretamente, l’esecutore restringe la durata dei singoli suoni quando esegue un rubato. L’effetto finale è simile a quello creato da un accelerando graduale, ma molto più naturale e legato alla tensione e all’emozione.

Infatti, l’esecuzione del rubato non può essere matematica. Hofmann dice  che l’esecutore deve “ondeggiare” entro certi limiti.

Una volta effettuato, è il momento di “restituire” ciò che è stato rubato. Quindi, così come abbiamo ristretto il tempo, lo “ri-dilatiamo” per portarlo al suo stato originale. Tanto quanto abbiamo rubato, dobbiamo restituirlo.

Il tutto nella maniera più naturale possibile. Un poco come un elastico che gradualmente si allunga e gradualmente torna al suo stato originale.

Hofmann consiglia di sentirsi molto liberi nell’esecuzione di un rubato e di non studiarlo matematicamente, di lasciarsi prendere dall’emozione del momento dell’esecuzione. Altrimenti perderebbe il senso fondamentale per il quale è stato creato ed inserito in quel determinato punto.

Deve essere una proiezione dei nostri sentimenti: è talmente tanta la tensione e l’emozione che, in quell’istante, l’artista necessita di uscire dallo scandire esatto del tempo ed esprimere al massimo ciò che sente servendosi del rubato.

3. Sollevare la mano quando chiude un frase o durante una pausa?

Hofmann dice :”Never!”. Mai sollevare la mano con l’articolazione di polso per eseguire una pausa. Questo tipo di movimento va utilizzato per l’esecuzione di ottave o doppie note dove è segnato dall’autore uno staccato.

Il modo regolare per chiudere una frase è di sollevare il braccio con il polso rilassatissimo, la mano risulterà naturalmente appesa al polso.

Questo movimento va applicato tutte le volte che una frase si conclude. La mano non si solleva autonomamente dal polso, ma è il braccio che la tira su.

Quest’ultimo movimento ha un doppio vantaggio: il primo è quello di concludere la frase naturalmente; il secondo è quello di rilassare il braccio e la mano.

Il risultato finale di questo movimento sarà come una danza della mano e dell’avambraccio che asseconderà il fraseggio e renderà più autentica l’esecuzione del brano.     

 

Nicolò De Maria

 

Bibliografia:

Hofmann, J. (1976). Piano Playing with Piano Questions Answered. New York: Dover Publications.

Spero che questo articolo vi sia tornato utile. E’ il frutto dei miei modesti studi e di alcune letture personali. Non è richiesto di essere d’accordo con l’intero contenuto dell’articolo. Bensì, si accettano critiche e commenti costruttivi.